giovedì 1 ottobre 2020

Samhain, il Velo fra i mondi

Le antiche origini di Halloween, la profondità delle sue tradizioni e ciò che insegnano all’uomo di oggi (e di domani)

Ci sono quelli che si chiedono se sia meglio una zucca finta che puzza di artificiale, però ti dura per sempre, oppure una vera che è più autentica e suggestiva, ma c’è da sporcarsi le mani e dura una volta e via. Ci sono i bambini che incrociano le dita perché quella sera non piova e già si leccano i baffi al pensiero dei dolciumi che raccatteranno, mentre i più grandi fanno a gara fra trucco e parrucco a chi sfoggerà il costume più originale e spaventoso.

C’è chi si intrattiene con film e storie dell’orrore, e i più audaci e spericolati sperimentano qualche “horror house” o si intrufolano in luoghi dispersi e abbandonati. Per molti altri, invece, fra bambini che schiamazzano, campanelli che suonano e petardi che scoppiano, è tutta una gran rottura di scatole e anche “Tutta colpa degli americani!”.

Ma la realtà è che sono fuori strada sia i festaioli che i critici. Le origini di Halloween scavano tanto indietro nel tempo da dover contare in millenni, e le sue tradizioni erano talmente genuine che perfino la Chiesa si è ingegnata per cancellarle. Ma, soprattutto, il suo significato era così intenso e attuale che, a riscoprirlo, può avere molto da insegnare sia a noi che al nostro futuro.

Santi, martiri e defunti: 1° e 2 novembre per sopprimere le origini di Halloween (e non solo)


Samhain, il 1° novembre dei Celti

La cultura celtica, compresa di usi, costumi, tradizioni, folklore, mitologia e quant’altro, era tramandata più che altro per via orale, perciò quello che ne sappiamo oggi lo dobbiamo principalmente a scritti romani e a testi di monaci cristiani del Medioevo. Ma anche ad una terza fonte, cioè il Calendario di Coligny: ritrovato nel 1897 a Coligny, in Francia, è inciso su frammenti di bronzo, risale al  secolo, ed è l’unica testimonianza che abbiamo di come i Celti scandivano il corso dell’anno.

Così, messe insieme queste tre fonti, oggi sappiamo che i Celti distinguevano l’anno in due parti fondamentali, cioè la stagione invernale (1° novembre – 1° maggio) e la stagione estiva (1° maggio – 1° novembre). Celebravano con delle festività i solstizi e gli equinozi, ma non li consideravano come inizio delle stagioni, bensì come i punti mediani, perché le date di inizio erano 1° novembre (inverno), 1° febbraio (primavera), 1° maggio (estate) e 1° agosto (autunno). Consideravano l’ora del tramonto come l’inizio del nuovo giorno, perciò le celebrazioni delle feste iniziavano in quella che oggi, per noi, sarebbe la sera del giorno prima. E, insieme alle stagioni, festeggiavano il ciclo delle attività agricole e di transumanza.

Il Samhain (pronunciato “Sauin”) era quindi la festa del 1° novembre, con cui si celebrava l’inizio dell’inverno, la fine dei raccolti e la scorta di cibo nelle dispense, e la discesa del bestiame dai pascoli estivi a quelli invernali. Come vedremo fra poco, in questa occasione si accendevano grandi falò, si destinavano offerte e sacrifici alle divinità, si indossavano travestimenti e si svolgevano pratiche divinatorie. In più, si riteneva che, proprio in questo giorno, gli Aos Sí, esseri soprannaturali dell’Oltretomba, potessero penetrare più facilmente nel mondo dei vivi, e che gli spiriti degli antenati tornassero a festeggiare l’ultimo raccolto insieme ai loro discendenti.

C’è chi sostiene che questa connessione con i defunti derivasse dal fatto che Samhain era anche il Capodanno Celtico, perciò un giorno magico e fuori dal tempo, al confine fra i due anni, che non apparteneva del tutto né a quello vecchio, né a quello nuovo. Secondo altri, era direttamente connessa alla stagione invernale, che con il gelo, i campi incolti e una natura in pausa, mai come altre faceva somigliare il mondo dei vivi a quello dei morti. In ogni caso, era il giorno in cui si credeva che fosse più fragile e più sottile “il Velo fra i mondi.

Onorare i defunti al tempo dei Romani

Nel mondo romano, fra il 13 e il 21 febbraio veniva celebrata la festa dei Parentalia, con cui si volevano onorare i Mani, cioè gli spiriti degli antenati di famiglia. Era una festa a carattere privato, in cui le persone facevano visita alle tombe, e con l’occasione portavano offerte di ghirlande di fiori, spighe di grano, pane imbevuto nel vino e anche del sale. L’ultimo giorno, cioè il 21 febbraio, costituiva una sorta di festa nella festa, cioè quella dei Feralia: questa era a carattere pubblico, i templi venivano chiusi, celebrare matrimoni era proibito, e gli affari ufficiali erano sospesi; il tutto perché si riteneva che, in quel giorno, gli spiriti degli antenati fossero più liberi di vagare nel mondo dei viventi. Il 22 febbraio, infine, si concludeva tutta la cerimonia con i Caristia, un’altra festa privata in cui le famiglie organizzavano banchetti e si scambiavano doni per celebrare l’unione familiare.

Cerere

E queste tre feste non erano le uniche dell’anno. Il 9, l’11 e il 13 maggio c’erano anche i Lemuralia, festa con cui si volevano placare i Lemuri: erano gli spiriti di persone scomparse per morte prematura o violenta, che non avevano ricevuto un’adeguata sepoltura, o che non erano abbastanza ricordati dai discendenti, e che quindi tornavano a vagare fra i vivi per vendicarsi e tormentarli. Il pater familias, allora, doveva celebrare un rito in cui, durante la notte di quei tre giorni, percorreva tutta la casa, si gettava alle spalle un’offerta di fave nere senza mai voltarsi e recitava specifiche formule, in modo da placare i Lemuri e invitarli a tornare nell’al di là.

Infine, il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre, si celebrava il rito del mundus Cereris, il “mondo di Cerere”, dea della terra e della fertilità, e nume tutelare dei raccolti e delle nascite. Secondo la tradizione, si tratta di una fossa scavata e sigillata a Roma da parte di Romolo; ad oggi non si sa di preciso dove si trovi, ma era comunque una fossa simbolica, che voleva rappresentare il riflesso del cielo, quindi l’Oltretomba, e anche “l’utero della terra”, in cui tutto cresceva. In quei tre giorni il mundus veniva aperto simbolicamente, perciò ogni attività pubblica veniva sospesa, e si facevano offerte a divinità come Cerere per preservare i frutti dei raccolti e proteggersi dalle entità infernali. In queste occasioni, infatti, si pensava che questa “porta aperta” sull’Oltretomba consentisse agli spiriti di accedere al nostro mondo.

L’assimilazione della Chiesa Cattolica

Purgatorio (da "Pinterest")

Commemorazioni dei defunti sono sempre state caratteristiche di ogni cultura e di qualsiasi credenza religiosa, e il Cristianesimo non faceva eccezione, anche prima di diventare religione ufficiale dell’Impero Romano (380). Ma la vera e propria Solennità di Ognissanti venne istituita nel 609 da Papa Bonifacio IV, che il 13 maggio consacrò il Pantheon di Roma a Maria e ai martiri, e fissò la festa della “Dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres”. Gregorio III (731 – 741) incluse nella ricorrenza anche tutti i Santi e la spostò al 1° novembre, giorno in cui consacrò proprio a loro la cappella di San Pietro. Infine, dietro alle insistenze dell’imperatore Luigi il Pio, nell’837 Papa Gregorio IV ordinò l’osservanza generale della festa, che da allora diventa un modo per celebrare tutti i Santi e i martiri del Cristianesimo, conosciuti o meno, canonizzati e non.

La Commemorazione dei defunti del 2 novembre, invece, deriva dalla proposta di Oddone di Cluny (879 – 943), abate dell’Abbazia di Cluny, in Francia. Secondo la tradizione, un abitante del Comune francese, naufragato su un’isola durante un pellegrinaggio, ebbe la visione delle molte anime sofferenti nel Purgatorio, perciò, quando tornò in patria, pregò Oddone che l’Abbazia iniziasse a celebrare delle messe solenni per loro. E fu così che l’abate istituì una vera e propria commemorazione fissata al 2 novembre (per la somiglianza con Ognissanti), che prima venne abbracciata da tutti i monasteri legati all’Abbazia, e che nel XIII secolo venne ufficializzata anche dalla Chiesa: da allora, le preghiere recitate dai fedeli durante la ricorrenza, hanno lo scopo di rendere il viaggio delle anime verso il Paradiso più rapido e sopportabile.

Tir na nog, gli inferi celtici
(Crediti: Gene Guilmette, "artwanted.com")

Detto tutto ciò, c’è chi sostiene che una commemorazione dei Santi esistesse fra i cristiani anche prima dell’istituzione della festa, e che in alcuni Paesi fosse già celebrata il 1° novembre. Oppure, che la scelta iniziale della data del 13 maggio fosse per copiare la festa già celebrata nella città di Edessa (Turchia) nel IV secolo. Ma, secondo molti altri esperti, in tutta questa storia di coincidenze ce ne sono anche troppe: il 1° novembre era celebrato con il Samhain dai popoli celtici ormai da secoli; il paganesimo romano prevedeva diverse feste e rituali in onore dei defunti, di cui un paio proprio fra ottobre e novembre; nel IV secolo il Cristianesimo diventò religione ufficiale dell’Impero; la data del 13 maggio scelta da Bonifacio IV era esattamente una dei Lemuralia, dopo venne spostata proprio al 1° novembre del Samhain e, guarda caso, nello stesso periodo (VI – IX secolo), si stava completando la cristianizzazione dei popoli germanici.

Insomma, si può dire che ci sono tutti gli ingredienti per affermarlo: se oggi il mondo cristiano festeggia Santi, martiri e defunti in generale fra il 1° e il 2 novembre, è perché la Chiesa ha voluto soppiantare (assimilandole) tutte le altre simili tradizioni, in modo da ottenere l’egemonia religiosa e un’autorità sempre più vasta.

Alle origini di Halloween, del suo nome, della sua data e del suo successo

Quando oggi diciamo “Halloween” subito ci vengono in mente le zucche intagliate in facce mostruose, l’usanza del “dolcetto o scherzetto”, costumi macabri e spaventosi, fino a film horror, storie di paura, stregoneria, mostri e fantasmi e una generale atmosfera sinistra e misteriosa. Ma da dove deriva tutto ciò? Come si sarà già intuito, fra cose reinterpretate e aggiunte successive, proviene tutto dalla tradizione del Samhain. Ma cerchiamo di capire meglio in che modo.

La parola “Halloween” è una contrazione che deriva da “All Hallows’ Eve”, che a sua volta proviene da “All Hallows’ Evening”, che tradotto significa “La sera di tutti gli spiriti sacri”. In pratica, indicava la sera del 31 ottobre, cioè la sera prima di Ognissanti, che oggi si chiama “All Saints’ Day”, ma anticamente era “All Hallows’ Day”. Il nome “Halloween” compare per la prima volta in letteratura nel 1745, mentre “All Hallows’ Eve” nel 1556, ma la domanda è: come mai, a un certo punto, è stato coniato un nome per la sera del 31 ottobre?

Il fatto è che, come abbiamo visto, già i Celti segnavano l’inizio del giorno col tramonto, ma anche gli Ebrei e i primi cristiani seguivano la stessa tradizione, perciò, quando il Cristianesimo si affermò e si diffuse, questa usanza si estese un po' in tutta Europa e si mantenne per diversi secoli. Poi, nel XVI secolo, si innescò la Riforma Protestante, e la ricorrenza di Ognissanti passò un po' in disuso fra i Paesi anglo-sassoni; nel frattempo, probabilmente cominciò anche a diffondersi la consuetudine di segnare l’inizio del giorno a mezzanotte. Ma l’usanza cristiana, e prima ancora quella celtica, fecero un po' fatica a scomparire, e così, specialmente in Paesi come l’Irlanda, si continuò a festeggiare la ricorrenza a partire da dopo il tramonto, cioè nella “All Hallows’ Evening”.

Fino a che, nel XIX secolo, proprio l’Irlanda venne colpita dalla famosa Grande Carestia, milioni di irlandesi migrarono negli Stati Uniti, e ovviamente portarono con sé questa loro tradizione. Fino alla fine del secolo rimase confinata più che altro alla comunità irlandese ma, già dagli inizi del XX secolo, si diffuse anche fra gli americani, e la cultura americana contribuì a diffonderla nel resto del mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Le maggiori tradizioni di Halloween: celtiche e antiche, non americane e moderne

L’Halloween che conosciamo oggi è una festa completamente laica, molto criticata per i suoi aspetti consumistici, per quanto stravolge il suo significato originale e per essere la classica “americanata”. Ma se da un lato è vero che molto è stato aggiunto e distorto, dall’altro è anche vero che quasi tutte le sue tradizioni hanno origini antichissime e molto più genuine.

Falò e sacrifici per propiziare, purificare e condividere

I sacrifici, ovviamente, non sono più molto diffusi, ma erano strettamente legati ai falò, che ancora oggi sono comuni fra i Paesi dell’Europa del Centro e del Nord.

Tipicamente, venivano accese grandi pire sulle cime delle colline, attorno alle quali si radunavano tutte le persone della comunità. Questi grandi fuochi, accesi nel periodo più buio e più freddo dell’anno, erano un modo per propiziare il ritorno del Sole e della fertilità, per preservare e rinnovare in futuro la fecondità della terra, e anche per allontanare le minacce dell’Oltretomba. Erano anche intesi come un rito di purificazione: come l’autunno e l’inverno arrivano a purificare la natura dal “vecchio” per prepararla ad ospitare il “nuovo”, così il fuoco e i suoi fumi depuravano simbolicamente persone, altri animali e terreni.

Anche i sacrifici di una parte del bestiame avevano più di uno scopo. Da un lato, volevano essere un’offerta agli dèi per favorire la sopravvivenza della comunità alla stagione fredda. Dall’altro, così come, per i prossimi mesi, le persone contavano di più sulla carne del bestiame per nutrirsi piuttosto che sui raccolti, allo stesso modo sacrificare un animale e gettare le sue parti del fuoco era una maniera per condividerlo anche con gli spiriti degli antenati, mai così vicini ai viventi come nel giorno del Samhain.

Dispetti e travestimenti erano per imitare e confondere gli spiriti

Fantasmi e vampiri, streghe e lupi mannari, scheletri e zombie. In tempi più recenti, anche supereroi, personaggi di libri e di film, e perfino celebrità. I costumi di Halloween, ogni anno, spopolano fra bambini e ragazzi di tutte le età in un vero e proprio “secondo Carnevale”. Tante maschere sono il frutto di aggiunte successive o di reinterpretazioni, o semplicemente di nuove associazioni con l’atmosfera di occulto, lugubre, mistero e magia che la festa ha assunto nel tempo. Ma le origini di tutto questo risalgono a tanti secoli fa da poter parlare di millenni.

Come si è detto, in occasione del Samhain si credeva che gli Aos Sí e gli spiriti degli antenati potessero far breccia nel mondo dei vivi, approfittando del Velo di confine più sottile. Nel caso degli antenati, non era da escludere che qualcuno di loro cogliesse al volo questo momento per chiudere qualche questione in sospeso; se poi si trattava degli Aos Sí che, in quanto esseri dell’Oltretomba, erano per loro natura volubili, dispettosi e anche un po' maligni, era davvero facile che prendessero di mira i mortali con qualche brutto scherzo, fino ad arrivare a vendette o veri e propri danneggiamenti. Perciò, l’usanza di travestisti da animali o da esseri simili agli stessi Aos Sí, era un modo per confondere sia loro che possibili antenati vendicativi, così da proteggersi dai loro tiri mancini. La pratica più moderna si ritrova nei Paesi anglo-sassoni già dal XVI secolo, ma la sua forma commerciale si diffonde negli USA solo a partire dagli anni ’30 del Novecento.

E che dire della tradizione del “dolcetto o scherzetto”? Fra dolci stracolmi di zuccheri, coloranti e conservanti, e strimpellate di campanello, oggi c’è chi vede questa pratica come poco salutare e una grande scocciatura. Ma anche questa deriva da un’usanza molto più autentica e profonda, legata sia agli spiriti dell’al di là che agli stessi travestimenti.

Secondo alcuni esperti, infatti, gli Aos Sí erano a loro volta un’evoluzione di divinità ancora più antiche, spiriti della natura che personificavano e controllavano i cicli delle stagioni. Perciò, quando si arrivava al Samhain, che segnava l’inizio dell’inverno, le persone facevano offerte di cibo e bevande, o perfino di parti del raccolto, per favorire la sopravvivenza e la rinascita sia di persone che di raccolti e bestiame. In tempi successivi, si diffuse l’usanza di raccogliere queste stesse offerte porta a porta in cambio di canzoni e versi poetici, e quando i vecchi dèi lasciarono il passo ai dispettosi e maliziosi Aos Sí, insieme ai costumi che imitavano il loro aspetto, prese piede anche l’abitudine di “dispetti simbolici” che li imitavano nel comportamento.

Fu soltanto dopo, con la cristianizzazione, che questa pratica venne assorbita in quella del Souling: nata nei Paesi anglo-sassoni e già presente almeno dal XVI secolo, consisteva nelle persone più povere della società che, nel giorno di Ognissanti, facevano il giro delle case offrendo preghiere per gli antenati di famiglia in cambio di cibo. Inutile dire che anche tutto questo fu esportato negli Stati Uniti nel XIX secolo, il nome “trick or treat” (cioè “dolcetto o scherzetto”) comparve per la prima volta sulla stampa nel 1927, e la sua popolarità esplose nel corso degli anni ’30.

Mele e nocciole fra cucina e divinazione

Ogni festa ha i suoi piatti tradizionali, e se pensiamo ad Halloween ci vengono subito in mente i dolci, tipo le mele caramellate, o quella miriade di creme, torte e cioccolatini a base di nocciole. E ogni festa ha anche i suoi tipici rituali, tipo quelli che abbiamo già visto, ma anche molti altri come le pratiche di divinazione, fra cui la chiromanzia, la cartomanzia o la numerologia. E se vi dicessi che, alle origini del Samhain, questi due aspetti non erano distinti fra loro come oggi, ma perfino intrecciati?

Nella mitologia celtica, infatti, la mela è simbolo di fertilità e immortalità, e ha anche un potente legame con l’Oltretomba: un ramo di melo con i fiori sbocciati, donato da un essere soprannaturale o dell’al di là, è l’unica cosa che può consentire a un mortale ancora in vita di accedere agli inferi. Il nocciolo, invece, è un albero sacro, fonte della conoscenza: secondo il mito, 9 noccioli crescono intorno al Pozzo di Connla, pozzo leggendario da cui originano i maggiori fiumi d’Irlanda come Shannon, Boyne, Suir, Barrow e Slaney; le nocciole che ci cadono dentro sono un concentrato di saggezza esoterica o divina, e una sorgente di ispirazione poetica.

Quanto alle arti divinatorie, con un Velo assottigliato e un mondo naturale e sovrannaturale mai così sovrapposti, il Samhain era davvero il momento migliore dell’anno in cui praticarle. E probabilmente rispondevano anche a un desiderio profondo: con il periodo di più grande incertezza alle porte, qualche previsione su eventi, salute e questioni sentimentali allentava un po' le preoccupazioni.

E così c’era il gioco tradizionale “apple bobbing” (pesca la mela): in una variante, con le mani legate dietro la schiena, bisognava pescare una mela con la bocca da dentro una bacinella d’acqua; in un’altra, sempre con le mani legate, la mela era attaccata a un gancio che pendeva dal soffitto e roteava, e di nuovo bisognava acchiapparla solo con la bocca. In entrambi i casi, il primo che pescava la mela sarebbe stato il prossimo a sposarsi; oppure, la mela acchiappata veniva mondata cercando di creare una lunga buccia continua, poi si gettava la buccia alle proprie spalle: la forma che assumeva per terra si diceva che potesse essere l’iniziale del nome del futuro partner. Nel caso delle nocciole, invece, due venivano arrostite vicino al fuoco, una intitolata a una persona, l’altra alla persona desiderata; se una delle due nocciole balzellava lontano dal fuoco non era un bene, ma se rimanevano vicine era segno di sintonia.

Fari per gli antenati e repellenti per gli spiriti: oggi le zucche, ieri le rape

La zucca intagliata e illuminata è sicuramente il simbolo dei simboli di Halloween. C’è chi usa il vero ortaggio e intaglia la classica arancione o quella verde, o chi sceglie quella finta che, magari, ha anche un manico incorporato per usarla come lanterna. Spopola nelle vetrine dei negozi, qualcuno ci decora il giardino o il davanzale delle finestre, e qualcun altro usa la sua maschera per travestirsi da personaggi come “Il cavaliere senza testa” di “La leggenda di Sleepy Hollow”. Sembra tutto molto moderno, eppure anche questa tradizione ha delle radici vecchie di secoli.

L’Halloween che conosciamo oggi ha dei connotati lugubri, spettrali e terrificanti ma, come ho anticipato, il ritorno degli antenati al momento del Samhain non era sempre percepito come negativo; anzi, si credeva che il motivo principale del loro ritorno fosse trascorrere del tempo con i loro familiari e festeggiare con loro l’ultimo raccolto. D’altra parte, resta il fatto che alcuni potevano approfittarne per vendicare dei torti subiti, e che c’erano sempre gli imprevedibili Aos Sí. Perciò si intagliavano rape o barbabietole, tipici ortaggi autunnali, si inseriva una candela al loro interno, e si mettevano intorno alla casa perché facessero da luce-guida per gli antenati, oppure si usavano come lanterna insieme ai travestimenti per scacciare e confondere gli Aos Sí.

Dopo la diffusione del Cristianesimo, l’usanza venne assorbita in quella del Souling, o più semplicemente per rappresentare le anime del Purgatorio o per tenere lontane streghe, demoni e Satana. E se oggi, in molti Paesi anglo-sassoni, la zucca di Halloween è detta anche “Jack-o'-lantern” (cioè “Jack of the lantern”), è perché deriva da un racconto popolare che cominciò a circolare almeno dal XVIII secolo: la storia di Stingy Jack, un fabbro pigro ma astuto che, dopo aver ingannato il Diavolo diverse volte e aver trascorso una vita dissennata, viene rifiutato sia dal Paradiso che dall’Inferno e condannato a vagare per sempre; come unico modo per scaldarsi dal freddo e illuminare il buio, un tizzone ardente lanciato dal Diavolo che Jack mette dentro a una lanterna ricavata da una rapa.

A proposito: ma se in origine si intagliavano rape, perché oggi si usano le zucche? Il fatto è che la tradizione nacque in Paesi come Irlanda, Galles o Scozia, dove rape e barbabietole crescevano abbondanti, ma le zucche non esistevano, perché sono native delle Americhe. Fu quando gli immigrati irlandesi arrivarono qui nel XIX secolo che si iniziarono ad usare le zucche, perché più grandi e più facili da intagliare.

Ricordo, riposo e coraggio: parti di un ciclo da riscoprire

Molte persone, ancora oggi, vedono in Halloween una “americanata” bella e buona, una pagliacciata che è solo un’altra scusa per istigare al consumismo e che educa i bambini a mangiare “porcherie”. Tutte critiche condivisibili, ma vorrei far notare che delle “porcherie” sono anche quelle che si mangiano nei fast food, o molte di quelle bibite e merendine che appaiono in televisione o sugli scaffali dei supermercati, eppure in molti non si fanno problemi a mangiarle. Perciò, prima di accusare il famoso “pelo nell’uovo”, forse è meglio guardarsi un po' intorno: alle origini di Halloween ci sono tradizioni antichissime e profonde, basta esserne coscienti, e a quel punto niente ci vieta di cestinare la “spazzatura” e di continuare a celebrare la festa con dei nuovi modi, un nuovo significato e una nuova consapevolezza.

Dei “nuovi modi” che, però, hanno delle radici remote, e che la Chiesa Cattolica ha voluto trattare alla stregua di tante altre tradizioni come Natale e Epifania, Pasqua e Carnevale: non con la convivenza e il dialogo, ma con la soppressione e la sostituzione, in mondo da vincere il solito vecchio giochino del controllo delle masse grazie alla supremazia spirituale. Un gioco da cui non si è salvato nemmeno il Messico, dove la festa dedicata alla dea azteca Mictēcacihuātl era un costume indigeno in onore dei defunti molto prima della colonizzazione. E così anche questa è stata depennata e assorbita nelle feste di 1° e 2 novembre, e qualsiasi altra entità, spirito o divinità ha fatto la fine di quelli celtici: trasformati in streghe, demoni o manifestazioni del Diavolo in persona che hanno spianato la strada a tutti i simboli spettrali che oggi etichettano Halloween.

E il lato ironico è che c’è chi vede questi simboli come “indecorosi” o “irrispettosi”, quando, in realtà, il vero problema è che quella di oggi è una società disconnessa dalla natura

L’uomo di oggi vive la morte come una cosa da nascondere e confinare nei cimiteri, da combattere con trattamenti anti-rughe e coloranti per capelli, o da tacere e censurare con il “parental control” della televisione. Forse perché la società industriale ci ha portato a scollegarci da qualsiasi aspetto della vita che non sia la produzione e il profitto; e perché la medicina occidentale ci ha illusi di essere diventata onnipotente, capace, da sola, con i suoi farmaci e la sua azione sui sintomi, di poter risolvere tutto. L’uomo di ieri, invece, aveva capito che la realtà si fonda sul ciclo, che “alti” e “bassi”, “vincite” e “perdite” avvengono sia fuori che dentro di noi in modo continuo, non una sola volta. Sapeva che ogni “perdita intermedia” non era mai una fine, ma una tappa essenziale per un nuovo inizio. Era un tutt’uno col suo presente, il suo passato e il suo futuro, perché concedeva il giusto tempo al riposo, al raccoglimento, al ricordo e al ringraziamento. E se indossava costumi bislacchi e terribili non era per irriverenza, ma perché capiva che il modo migliore per vincere la paura è affrontarla, non evitarla.

La festa del Samhain è quindi il momento in cui si concentra tutto questo. In natura gli alberi perdono le foglie, i fiori appassiscono, e i semi dei frutti ormai caduti rimangono quiescenti in attesa del risveglio. Allo stesso modo, noi ci lasciamo alle spalle e facciamo tesoro di ciò che abbiamo raccolto con le nostre esperienze, ricordiamo e ripercorriamo il nostro passato prossimo e remoto, e ci raccogliamo in noi stessi per aggiustare la rotta e preparare quei “semi” ad una nuova rinascita.


Articoli correlati

"Yule, il Natale originale" - Le maggiori tradizioni natalizie, le loro origini, il loro significato e la vera magia che racchiudono

"Luci da un altro mondo, messaggi per il nostro: le stelle cadenti" - Un viaggio fra scienza, mitologia e religione alla scoperta di sciami di meteore, tradizioni di popoli antichi e superstizioni

"Quelli più scontati, ma i meno conosciuti: i giorni della settimana" - Le ore sono 24, i giorni sono 7 e i nomi più che famosi: scienza, storia e mito ci spiegano il loro passato, il loro presente e il loro futuro (e forse anche il nostro)

"La danza delle stagioni è il ritmo del mondo e il ciclo della vita" - Stagioni sulla Terra e su altri pianeti, le verità della mitologia e gli effetti sulla vita: il loro ciclo è la nostra frequenza

"La vera Epifania è il risveglio di Madre Natura (e di tutti noi)" - Le origini della festa, la leggenda dei Tre Re e la vera identità della Befana: messaggi per un legame da riscoprire

"Il gioco di opposti fra Ordine e Caos: il Carnevale" - Le sue radici affondano nei millenni, il suo messaggio risuona nel presente

"La resurrezione della Pasqua è la primavera del mondo e di noi stessi" - Il risveglio della natura esteriore e interiore è la vera origine della sua data, del suo significato e delle sue tradizioni

"L’Ombra della psiche e il moto di Venere sono la vera identità e la storia del Diavolo" - Le origini, il mito e la storia di Lucifero: una grande metafora di emozioni umane e corpi celesti

"La storia di Gesù è la storia del ciclo del Sole e del viaggio dell’Eroe" - La madre vergine e il 25 dicembre, i Tre Re e i 12 compagni, la fine sulla croce e la rinascita: metafore del moto del Sole e del viaggio esistenziale di ognuno di noi


Fonti: