giovedì 3 settembre 2020

La danza delle stagioni è il ritmo del mondo e il ciclo della vita

Stagioni sulla Terra e su altri pianeti, le verità della mitologia e gli effetti sulla vita: il loro ciclo è la nostra frequenza



Come mai esistono le stagioni? Perché, nel corso degli anni, le loro date di inizio e di fine non sono sempre le stesse? E per quale motivo fa più freddo quando le giornate si allungano e più caldo quando si accorciano? Con un pizzico di astronomia possiamo scoprire tutto questo e tante altre curiose “stranezze”, come il fatto che le stagioni non sono sempre 4, che non durano sempre lo stesso tempo e che ci sono pianeti su cui ne esiste anche una n°5.

Ma possiamo scoprire anche molto di più. Filosofie e religioni di ogni tempo e di ogni luogo le associano a elementi come aria, fuoco, terra e acqua, e le esperienze più comuni ce le fanno associare alla rinascita, all’avventura, alla pausa e al mistero. Mitologie da tutto il mondo ci rivelano allora i sentimenti umani più profondi che si nascondono dietro a queste associazioni, mentre gli effetti che hanno sull’ambiente e su di noi ci svelano un legame fra noi e le stagioni ben più intimo del mese sul calendario.

Se può anche dire che le stagioni siano qualcosa di più di una semplice variazione del meteo? Beh, non solo si può dire, ma ognuno di noi lo può provare nel proprio esteriore e nel proprio interiore. Il ciclo delle quattro stagioni ci insegna che tutto è cambiamento, che cambiare significa crescere e che crescere significa esistere.

L'astronomia delle stagioni


L'asse si mantiene sempre parallelo durante la rivoluzione
Comunemente si pensa che, se le stagioni esistono e si alternano, è perché la Terra è più vicina o più lontana dal Sole mentre gli ruota intorno, oppure perché le giornate si accorciano o si allungano. In realtà tutto questo non incide quasi affatto, perché la vera differenza è giocata dall’inclinazione dell’asse terrestre e da quella dei raggi solari.

Come tutti sanno, la Terra compie un moto di rotazione su sé stessa, intorno ad un asse, in senso antiorario, e uno di rivoluzione intorno al Sole, su un’orbita a forma di ellissi, sempre in senso antiorario. Quello che è meno noto è che, se immaginiamo l’orbita della Terra come posta su un piano, il suo asse di rotazione non è perpendicolare a questo piano; in altre parole, non forma con quel piano un angolo di 90°, ma uno di circa 67°. Inoltre, mentre ruota intorno al Sole, questo asse si mantiene sempre parallelo a sé stesso, cioè punta sempre nella stessa direzione.

Grazie a tutto questo, nell’arco di un anno varia la quantità di luce a cui un emisfero viene esposto, e soprattutto varia l’inclinazione dei raggi del Sole rispetto alla sua superficie: più è bassa e più diminuisce l’irraggiamento, cioè l’energia assorbita dalla superficie. Ecco allora che, dall’equinozio di autunno al solstizio d’inverno, un emisfero punta in direzione sempre più opposta rispetto al Sole, le ore di buio si fanno più lunghe, e le temperature diminuiscono perché diminuisce l’inclinazione dei raggi: siamo in autunno. Dal solstizio d’inverno all’equinozio di primavera, invece, l’emisfero viene sempre più illuminato, le ore di buio continuano ad essere di più ma diminuiscono, e le temperature scendono sempre più fino a riaumentare nei pressi dell’equinozio, perché torna a crescere l’inclinazione dei raggi: siamo in inverno. Nel corso degli altri due cicli si verificano esattamente le condizioni opposte, e così abbiamo la primavera e l’estate.

Differente illuminazione fra solstizio e equinozio
Se l’asse fosse sì inclinato, ma non si mantenesse sempre parallelo a sé stesso, la conseguenza sarebbe che ogni emisfero rimarrebbe sempre nella stessa stagione, a seconda di quanto e come l’asse è inclinato. E se l’inclinazione fosse proprio a 90°? In questo caso sarebbe come essere in un eterno equinozio per tutto il pianeta, perciò giorno e notte avrebbero stessa durata tutto l’anno, i Poli sarebbero freddissimi con un Sole sempre sulla linea dell’orizzonte, mentre le zone equatoriali sarebbero sepolte dai deserti. E questo non vorrebbe dire avere solo 2 stagioni, cioè autunno e primavera, ma una soltanto, uguale su tutta la Terra: come abbiamo visto, le stagioni mediane si formano nel passaggio fra un equinozio e un solstizio ma, se l’asse è sempre a 90°, non c’è mai variazione di inclinazione dei raggi, non esiste differenza fra equinozi e solstizi, e quindi non solo non ci sono autunno e primavera, ma nemmeno inverno ed estate; ci sarebbe una sorta di 5^ stagione, sempre uguale per tutto l’anno.

Momenti e variazioni delle stagioni sono destinati a cambiare


Ci sono altri fattori che possono influire sull’alternanza delle stagioni? In teoria ce n’è uno, ma in pratica nessuno, cioè la distanza della Terra dal Sole: dato che l’orbita percorsa dalla Terra non è un cerchio perfetto, ma è un’ellissi, c’è un periodo dell’anno (fra settembre e marzo) in cui passa più vicina al Sole; ma la sua influenza è minima, tant’è che in quel periodo l’emisfero nord va in autunno e in inverno. Fra l’altro, anche se sembra paradossale, la temperatura media globale aumenta quando la Terra è più lontana (marzo – settembre), non quando è più vicina: succede perché, in quel periodo, l’emisfero nord va in primavera e in estate, e siccome qui ci sono più terre emerse rispetto all’emisfero sud e le terre assorbono più calore degli oceani, ecco che la Terra nel complesso si riscalda di più.

E come mai le date di equinozi e solstizi non sono sempre le stesse? C’è da sapere che, in gran parte del mondo, per scandire l’anno si usa il Calendario Gregoriano ma, come tutti i calendari, non sarà mai perfettamente preciso. Anche se noi ci accorgiamo solo della rotazione e della rivoluzione, la Terra compie almeno 8 moti astronomici, dei moti che hanno periodi di completamento di decine o centinaia di migliaia di anni e che, nel tempo, fanno variare l’inclinazione dell’asse e la direzione in cui punta, la distanza della Terra dal Sole e la velocità di rivoluzione. Tutto questo incide anche sulle date di inizio e fine delle stagioni, e così, per esempio, succede che i solstizi ritardano ogni anno di 5h 48m 46s, ecco perché a volte cadono il 21 o 22 dicembre, o il 20 e 21 giugno; ed ecco anche perché, ogni 4 anni, si introduce un anno bisestile, proprio per “resettare” questo ritardo. Stesso discorso nel caso degli equinozi, ma con una nota differente: perché l’equinozio di settembre cade intorno al 23 e quello di marzo intorno al 20? Il fatto è che, come si è detto prima, fra settembre e marzo la Terra passa più vicina al Sole, e questo fa sì che il moto di rivoluzione sia un po' più veloce; il risultato è che fra l’equinozio di settembre e quello di marzo passano circa 178.74 giorni, mentre fra quello di marzo e settembre 186.40.

E comunque le cose non saranno sempre così, anzi, prima o poi si invertiranno, come già accaduto in passato. Uno degli 8 moti astronomici della Terra che ho citato prima è la Precessione degli Equinozi, che si completa ogni circa 21.000 anni e che ha questo effetto: i punti in cui la Terra raggiunge gli equinozi si spostano sulla sua orbita in senso orario. Di conseguenza, quando oggi arriviamo al 21 dicembre e l'emisfero nord entra in inverno, la Terra si trova quasi nel punto più vicino al Sole (perielio), ma fra circa 10.000 anni tutto questo succederà quando la Terra si troverà nel punto più lontano (afelio). 

E anche la differenza di temperatura fra le stagioni non sarà sempre la stessa. Un altro moto è quello che fa cambiare l’inclinazione dell’asse, uno che si completa ogni 41.000 anni e che la fa variare da un massimo di circa 68° a un minimo di circa 66°; quindi, quando l’inclinazione va ad aumentare l’escursione termica fra stagioni è più bassa, quando va a diminuire è più alta. In questo momento è a circa 67°, e pare che stia andando in aumento.

"Stranezze" stagionali


Giorni più lunghi, tempo più freddo; stessi gradi, sensazioni diverse


I solstizi sono i giorni più corti o più lunghi dell’anno, da quel momento in poi le giornate si allungano o si accorciano, eppure sembra che le stagioni facciano come vogliono: i mesi più freddi o più caldi dall’anno vengono dopo i solstizi, non prima. Come mai?

La temperatura che percepiamo noi è dovuta al raffreddamento o al riscaldamento della bassa atmosfera, che non dipende direttamente dal Sole, ma piuttosto dalla terraferma o dall’acqua: sono queste che fanno variare la temperatura dell’aria a contatto con esse, non la luce diretta (ecco perché, di solito, salendo di quota la temperatura dell’aria scende). Ma sia le acque che le terre impiegano del tempo a riscaldarsi o a raffreddarsi dal momento che iniziano a ricevere più o meno irraggiamento, per cui ecco che le stagioni risultato un po' sfalsate. Quelle che abbiamo visto fino ad ora sono le stagioni astronomiche, basate sui moti della Terra, e come date hanno 21 dicembre – 19 marzo (inverno), 20 marzo – 20 giugno (primavera), 21 giugno – 22 settembre (estate) e 23 settembre – 20 dicembre (autunno); ma quelle che percepiamo noi sono le stagioni meteorologiche, che si contano in 1° dicembre – 28 febbraio (inverno), 1° marzo – 31 maggio (primavera), 1° giugno – 31 agosto (estate) e 1° settembre – 30 novembre (autunno).

Il fatto che le giornate siano più corte o più lunghe, quindi, non è la causa delle stagioni. E non c’entra niente nemmeno con un altro fatto “strano”: com’è che, a parità di temperatura, in una stagione ci viene voglia di coprirci e in un’altra di spogliarci? Possono influire anche dei fattori come il vento e l’umidità, ma il principale è l’acclimatazione: il nostro corpo si comporta un po' come acqua e terraferma, nel senso che, se esposto per lunghi periodi a una certa temperatura, si adatta a quella, perciò quando cambia impiega qualche giorno a riabituarsi. Ecco perché se in primavera si passa da 10°C a 15°C sentiamo caldo, mentre in autunno da 20°C a 15°C sentiamo freddo.

Emisfero boreale e emisfero australe: stesso pianeta, due “mondi” diversi

La differenza più ovvia fra un emisfero e l’altro è che le stagioni sono invertite, per cui, quando nel boreale è autunno o inverno, nell’australe è primavera o estate, e viceversa. Ma ne esistono almeno altre due.

Per esempio, l’escursione termica fra stagioni, che nell’emisfero nord è più marcata. Questo succede perché, nel sud, c’è più oceano che terraferma, e siccome le acque assorbono e rilasciano calore più lentamente, ecco che vanno a mitigare i cambi di stagione. È lo stesso motivo per cui l’Antartide ha temperature medie più basse dell’Artide: visto che i ghiacci del primo poggiano su terraferma e quelli del secondo su acqua, il clima dell’Artide è più mitigato dalla presenza dell’oceano.

Ma soprattutto, le stagioni non hanno esattamente la stessa durata. Nell’emisfero boreale, il periodo autunno – inverno dura circa sette giorni in meno perché, come abbiamo visto, in quella fase la Terra passa più vicina al Sole, e dunque transita più velocemente. Per lo stesso motivo, nell’emisfero australe è il periodo primavera – estate ad essere di circa sette giorni più corto.

Non sempre sono 4 e non sempre hanno le stesse date


In alcune culture antiche come quella celtica, ma anche in alcune moderne come quella irlandese, i solstizi e gli equinozi non indicano l’inizio delle stagioni, ma il loro punto di mezzo. Da inverno ad autunno, infatti, i giorni che segnano l’inizio sono 1° novembre, 1° febbraio, 1° maggio e 1° agosto, non a caso segnati dalle festività di Samhain, Imbolc, Beltane e Lughnasadh.

Rappresentazione artistica delle stagioni ecologiche
Sulla base del clima e di particolari fenomeni, in Australia ci sono anche la stagione secca e la stagione umida; in certe zone sono considerate come due stagioni aggiuntive, in altre sono le uniche due in cui viene suddiviso tutto l’anno. In alcuni Paesi tropicali come la Thailandia, invece, si usano tre stagioni, cioè quella calda, quelle delle piogge e quella fredda.

Ci sono anche Paesi e culture in cui le stagioni sono più di quattro. Nel calendario Hindu, per esempio, se ne distinguono 6, cioè Hemanta (primo inverno), Shishira (tardo inverno), Vasanta (primavera), Greeshma (estate), Varsha (dei monsoni) e Sharad (autunno). Lo stesso valeva in passato o vale ancora oggi per alcuni popoli del Nord America come Cree e Algonchini che, oltre alle 4 stagioni classiche, ne tengono in considerazione altre 2, quelle che segnano il gelo e il disgelo di laghi e fiumi.

Se poi si vuole uscire dagli schemi artificiali creati dall’uomo e si va a guardare semplicemente alle variazioni che avvengono in natura, allora si parla di stagioni ecologiche: si basano su quei fenomeni semplici, spontanei ma inequivocabili come la caduta delle foglie dagli alberi, la migrazione o il letargo di animali, o il germogliare dei fiori. Queste non possono avere né date né numeri fissi, perché ovviamente cambiano con il clima, la flora e la fauna del posto. Alle medie latitudini come quelle dell’Italia, comunque, se ne possono distinguere 6, cioè Prevernale, Vernale, Estiva, Serotinale, Autunnale e Ibernale.

Stagioni "aliene" su altri pianeti

Mercurio, Venere e Giove hanno degli assi di rotazione inclinati di quasi 90°, per cui rientrano proprio in quel caso particolare che abbiamo visto prima: è come se avessero una 5^ stagione, sempre la stessa per tutto l’anno.

Saturno e Nettuno hanno inclinazioni simili a quella della Terra, per cui delle stagioni si susseguono; la differenza è che durano molto di più, visto che, a ruotare intorno al Sole, il primo impiega circa 30 anni, l’altro 165. Urano è un caso particolare: delle stagioni le ha, ma il suo asse è inclinato di nemmeno 3°, in pratica è quasi disteso sul piano della sua orbita.

Marte è invece il pianeta che ci assomiglia di più, visto che ha l’inclinazione dell’asse più simile e una rotazione che dura poco più di un giorno terrestre. Come differenza, dato che impiega il doppio del tempo a girare intorno al Sole, anche le stagioni durano due volte tanto.

L'alternanza delle stagioni spiegata con il mito

C’è chi vede nei miti semplicemente delle “belle storie”, dei racconti suggestivi e pieni di fantasia che non hanno e non avevano nessuno scopo se non quello di fare un po' di intrattenimento. Ma forse molti hanno le idee confuse: questa è la descrizione di molti programmi che ci sono oggi in tv, non della mitologia. La verità è che il mito, spesso, ci racconta molto di più di qualsiasi studio, statistica, numero o evidenza scientifica, per il semplice fatto che è la proiezione delle emozioni umane più profonde. È, insomma, una finestra aperta sulla natura dell’uomo e delle cose, e nel caso delle stagioni non fa eccezione. Per cui vediamo qualche esempio per capire fino a che punto la natura “altra” e quella umana sono collegate fra loro.

Cailleach

Nella mitologia scozzese, la Cailleach è una divinità rappresentata come una donna anziana e incappucciata, vestita di un lungo mantello, che cammina sempre con un bastone con cui governa i branchi di cervi e può congelare il suolo. Considerata la madre di tutti gli dèi, è quella che porta e domina la stagione invernale fra il 1° novembre e il 1° maggio, e se il 1° febbraio è una giornata soleggiata, significa che la farà durare ancora per molto: l’ha resa una giornata limpida per poter raccogliere altra legna, così da poter affrontare i mesi gelidi che devono ancora venire. Arrivati al 1° maggio, secondo alcune tradizioni si tramuta in roccia, secondo altre si trasforma in un grande uccello e vola via verso terre ignote; in ogni caso, scompare per i sei mesi successivi e il suo posto viene preso da Brigid, dea della fertilità e della primavera.

Nelle tradizioni norrene e anglo-sassoni, Jack Frost è la personificazione dell’inverno, a volte rappresentato come un dio dalle sembianze umane, a volte come una sorta di elfo o folletto. Come che sia, è un personaggio gioviale e con una grande personalità artistica, che in autunno se ne va in giro con un pennello e una tavolozza di colori a dipingere le foglie degli alberi di giallo, arancio, porpora e rosso, prima di farle cadere per far spazio alle sue prossime opere. In inverno, infatti, è quello che sparge freddo, neve e ghiaccio dappertutto, crea i cristalli che si formano sulle finestre e realizza le stalattiti che pendono dagli alberi e dai tetti.

Secondo la mitologia greca, c’è stato un tempo in cui Demetra, dea della fertilità e dell’agricoltura, regalava agli uomini interi anni di tempo mite e suolo fertile. Finché un giorno Ade, dio degli Inferi, fece rapire sua figlia Persefone per farne la sua regina, e con l’inganno riuscì a imprigionarla nell’al di là insieme a lui. Disperata, Demetra fece scendere il gelo e rese sterile la terra, finché Zeus, re degli dèi, riuscì a portare le parti ad un accordo: dato che chi mangia il cibo degli Inferi è costretto a rimanerci, ma che Persefone aveva mangiato soltanto i sei semi di un melograno, allora la giovane dea avrebbe trascorso ogni anno sei mesi con Ade e sei mesi con sua madre. Da allora, nei mesi in cui sua figlia è con lei, Demetra è così contenta che porta la primavera e l’estate, mentre nei mesi in cui non la vede è così triste che porta l’autunno e l’inverno.

Inari (giovane dea)

Anche fra gli indigeni delle Americhe non mancano tradizioni simili. Fra gli Abenaki del Nord America, per esempio, l’autunno e l’inverno erano portati da Pebon, un gigante che scendeva dalle ghiacciate terre del Nord. Per sei mesi l’anno, con il suo respiro e la sua magia, portava il freddo che imbiancava e congelava sia le terre che le acque; poi tornava verso Nord, e dal Sud giungeva Niben, una bellissima donna coi capelli castani e una corona di fiori che, nei sei mesi successivi, portava con sé la primavera e l’estate.

In Giappone, infine, nello Shintoismo e nel Buddhismo giapponese, Inari è la divinità dell’agricoltura e della fertilità, e anche lo spirito tutelare del riso, del tè e delle volpi. Ha sempre avuto diverse rappresentazioni, come una giovane dea del cibo, un uomo anziano che trasporta del riso, o un essere androgino. In ogni caso, per sei mesi si ritira fra le vette delle montagne, cosa che scatena il freddo e il gelo e porta via la fertilità della terra; in seguito torna fra le colline e le pianure, così rigenera la fecondità dei terreni e porta primavera e estate.

Gli effetti delle stagioni: molto più di foglie che cadono e fiori che sbocciano


Stagioni "esteriori", gli effetti sul mondo

Mettiamo per un attimo da parte l’uomo e guardiamo al resto della natura: che cosa succede al variare delle stagioni? Si possono osservare molti cambiamenti, ma quali sono quelli che stanno proprio sotto gli occhi di tutti? Qualcuno ora dirà che sono talmente ovvi che non c’è nemmeno bisogno di dirli, ma se fossi in voi ci presterei invece molta attenzione: vi servirà per capire quello che verrà dopo che, anche se è altrettanto ovvio, sono in pochi a farci caso e ad accettarlo.

PRIMAVERA. Le ore di luce iniziano a prevalere su quelle di buio, il Sole è sempre più alto sull’orizzonte e rende più miti le temperature, ma ogni tanto qualche acquazzone ci rinfresca e quasi ci riporta indietro di una o due stagioni. I semi rimasti in sospensione nel terreno fanno sbocciare nuove piantine, i boccioli comparsi sugli alberi nella scorsa stagione maturano a formare foglie e fiori, così ha inizio l’impollinazione e in alcune piante compaiono già i primi frutti dell’anno. Molti animali si svegliano dal letargo, altri tornano dalla migrazione, e conviene approfittare del clima e dell’abbondanza per nutrirsi, per crescere e pensare alla nuova generazione.

ESTATE. Le ore di luce arrivano al culmine e con esse anche le temperature. Le piante sono nel pieno del rigoglio, i loro frutti sono alla massima maturazione, per cui, sommata all’energia del Sole, la disponibilità di nutrimento e di energie tocca il vertice dell’anno. Alcuni animali a riproduzione rapida l’anno già vissuta, ma per molti è adesso la stagione degli amori: con 9 mesi o più di gestazione, accoppiarsi ora significherà far nascere i figli quando sarà di nuovo primavera o estate, cioè i periodi di maggior abbondanza.

AUTUNNO. Adesso sono le ore di buio ad avere la meglio, nuove perturbazioni portano acqua e refrigerio dopo la siccità e la calura, e le temperature iniziano a scendere. Si completa la maturazione degli ultimi frutti e, mentre molti alberi perdono le foglie e scompaiono erbe, fiori e arbusti, diversi animali tornano a migrare o scendono in un nuovo letargo. Apparentemente tutto comincia a fermarsi ma, così come molti animali fanno scorta di cibo, gli alberi preparano il posto alle nuove fronde, i semi rimangono protetti nelle profondità del terreno, e le foglie che cadono iniziano a creare quell’humus che nutrirà la nuova vita futura.  

INVERNO. L’oscurità tocca il suo apice e le temperature vanno in picchiata. Le piante sembrano immobili e spente, ma in realtà i semi stanno accumulando energia e piantano le prime radici. Allo stesso modo, gli altri animali riducono al minimo le loro attività, si concedono il giusto riposo dalla frenesia delle stagioni precedenti, e intanto si stringono nell’intimità delle loro tane e dei loro simili e fanno rifornimento di energie. Quelle energie che saranno pronte all’uso quando il ciclo comincerà da capo.

Stagioni "superficiali", effetti curiosi sul corpo


PRIMAVERA. Solitamente ci sentiamo abbastanza euforici, sprizzanti di energia, pieni di voglia di fare, di movimento, di aria aperta. E se cose come la temperatura e l’umidità non esagerano, anche in parte dell’estate. Una cosa che succede perché aumentano le ore di luce, e anche l’irraggiamento solare, e la luce del Sole, specie se diretta, stimola la produzione di vitamina D3 e serotonina. In questa stagione, come in autunno, a qualcuno può cambiare la tonalità di colore degli occhi: uno, perché l’iride si espande o si contrae con la luce per controllare le dimensioni della pupilla, e questo può smuovere dei pigmenti; due, perché gli occhi chiari riflettono più luce di quelli scuri, perciò può accadere che un marroncino chiaro appaia verde o un azzurro appaia grigio con un po' di luce in più o in meno. Ma l’effetto più sorprendente è quello che riguarda le nascite e la fertilità: globalmente, è stato osservato che i picchi di nascite cadono fra giugno e ottobre, alle alte latitudini in aprile (emisfero nord) e a novembre (emisfero sud).

ESTATE. Se le temperature sono molto alte, i nostri vasi sanguigni di dilatano, perciò la pressione si abbassa, e in più la sudorazione aumenta per raffreddare il corpo. Questi sono i motivi per cui ci disidratiamo più in fretta, ma anche per cui ci capita di sentire battiti cardiaci in aumento e duriamo più fatica a fare le stesse cose, specie se c’è anche alta umidità. In quest’ultimo caso, siccome il corpo trova più difficoltà a raffreddarsi, c’è anche maggior disidratazione, e allora in alcuni di noi può capitare che si manifestino crampi muscolari.

AUTUNNO. Tipicamente è una stagione che porta perturbazioni, e quando queste sono in dirittura d’arrivo, la pressione atmosferica subisce delle rapide variazioni, di solito abbassandosi. Ma i nostri muscoli, anche se non ce ne accorgiamo, ne sono suscettibili, perciò si dilatano o si contraggono a seconda che la pressione sia più bassa o più alta; complice l’umidità, se ne sono influenzate anche le nostre cavità nasali. Ecco perché alcune persone sentono dolori articolari o mal di testa in giornate o periodi piovosi.

INVERNO. Il meteo si fa più rigido, ed ecco che scattano i raffreddori e le influenze, per il semplice fatto che il clima è più favorevole alla diffusione dei loro virus. Ma se prendiamo le giuste contromisure fra alimentazione, abiti e comportamento, non c’è da aver paura: i geni che controllano il nostro sistema immunitario raggiungono il massimo dell’attività proprio nei periodi più freddi dell’anno. E vi è mai capitato, sempre durante questi periodi, di sentirvi più affamati o di vedervi più “in carne”? Il motivo è simile, perché a raggiungere la massima velocità c’è anche il nostro metabolismo, perciò ecco che ci sentiamo spinti a mangiare di più e più calorico. Tutti fenomeni che trovano il loro perché nella nostra millenaria evoluzione, che ci ha dotati degli strumenti più adatti per meglio sopravvivere nei periodi più avversi.

Stagioni "interiori", gli effetti sulla psiche

PRIMAVERA. Se volessimo sintetizzare in poche parole chiave cosa accade e cosa rappresenta questa stagione, se volessimo cogliere in pochi concetti il suo “spirito” e quindi come ci fa sentire, che cosa diremmo? Potremmo dire rinascere, emergere, iniziare, muoversi, crescere, creare, viaggiare, condividere. Perché provate a pensarci un attimo, ma soprattutto provate a sentirlo: che cosa ci viene più voglia di fare in questa stagione? Ci viene voglia di muoverci, di passare del tempo fuori casa, di uscire con partner, amici o parenti, sperimentare nuove cose e nuovi luoghi, attivarci per mettere in moto i nostri scopi. Succede proprio ora perché la luce che aumenta ci circonda di stimoli, il calore crescente ci riempie di energia, il fermento della natura ci motiva. E così, forti delle energie e delle idee accumulate nelle due stagioni precedenti, ecco che sprizziamo entusiasmo e voglia di fare da tutti i pori, proprio come i germogli degli alberi e gli animali appena risvegliati.

ESTATE. Forza, passione, vitalità, apertura, rischio, azione, vacanze, rifocillare. Le parole chiave dell’estate potrebbero essere queste, perché le ore di luce abbondano, la natura ci offre un tripudio di energia e tipicamente le nostre attività vanno in pausa. Così, come le piante fanno maturare i loro frutti, ci viene voglia di portare a compimento i nostri progetti, aggiustare il tiro, mettere i puntini sulle “i”. Ci viene voglia di buttarci a capofitto negli svaghi e nell’avventura, di farci travolgere dalle passioni sentimentali, ma anche di concederci un po' di relax e darci il tempo di sistemare una volta per tutte certe faccende personali.

AUTUNNO. Di solito viene associato alla malinconia, ma credere che tutto sia uguale per tutti è un’allucinazione della società moderna, e infatti per alcuni è una vera e propria seconda primavera, se non l’unica. Quando diciamo “autunno” diciamo riflessione, raccoglimento, protezione, pausa, rilassamento, lasciar andare, raccogliere, affetti. Con le ore di buio che aumentano spariscono gli stimoli esterni, le temperature e l’energia solare che scendono ci invogliano a cercare calore, e le tinte calde di cui si macchiano gli alberi ci comunicano quiete e silenzio. E infatti l’occhio si volge più al nostro interno, passiamo più tempo a casa, cerchiamo l’intimità, ci viene istintivo dedicarci a cose più semplici e placide, riflettere su quanto vissuto valutandone i pro e i contro, e iniziare a pensare nuovi obbiettivi. È per questo che si può dire che, come accade nel resto della natura, in questo periodo “cade” dentro di noi qualcosa che ha raggiunto la massima maturazione; ma è soltanto una fine che segna un nuovo inizio, perché lascia lo spazio a ciò che di buono abbiamo raccolto e ai semi di nuovi progetti che già iniziano a crescere nell’invisibile.

INVERNO. Ghiaccio, silenzio, riposo, mistero, nascosto, sognare, svelare, meditare, ponderare, progettare. I nostri sensi sono ovattati, il freddo ci invita a stringerci, il bianco, il nero e le loro sfumature sono gli unici colori che ci circondano. Se poi ci sommiamo le feste e il Capodanno, ecco che l’inverno diventa periodo di bilanci, dove guardiamo al passato recente e remoto e facciamo il punto dei risultati ottenuti. È un momento invitante per il riposo e la riflessione, in cui ricarichiamo le energie e scopriamo o riscopriamo nuove idee e nuovi intenti. E poi, forti di tutto questo, ci volgiamo al futuro, pronti a far crescere i semi della nostra nuova crescita.

Il ciclo delle stagioni è il ciclo della vita


Se mettiamo insieme la spiegazione del fenomeno, la mitologia e gli effetti che ha su qualsiasi forma vivente, la prima cosa che si ricava da tutto questo è che le quattro stagioni sono quattro grandi archetipi: nascita, crescita, maturazione e caduta, e quindi infanzia, adolescenza, età adulta e anzianità. Primavera e estate sono le stagioni in cui si “schiudono i petali” per progettare, agire, manifestare; sono il periodo dell’espansione, dell’esteriorità, dell’estroversione, quindi le stagioni “del fare”, tipiche del Principio Maschile della natura, dello Yang. Autunno e inverno sono invece le stagioni in cui si “chiudono i petali” per riposare, riflettere, prenderci cura di noi; sono il periodo della contrazione, dell’interiorità, dell’introversione, quindi le stagioni “dell’essere”, tipiche del Principio Femminile, dello Yin. E gli effetti consapevoli o inconsapevoli che generano dimostrano che tutto questo non è semplice astrazione, ma evidenza alla portata di tutti.

Di sicuro non è uguale per chiunque, c’è anche una componente di soggettività: se è vero che, di tendenza, primavera e estate sono le stagioni più “energetiche”, è vero anche che persone più riflessive e introverse trovano più energie in autunno e in inverno. Resta il fatto che la ciclicità delle stagioni è una a cui tutti quanti siamo connessi, e non per via di astratte motivazioni che “sanno di New Age”, come oserebbe dire qualcuno, ma per il motivo più semplice del mondo: tutti viviamo sullo stesso pianeta, e i suoi cicli dettano il ritmo della vita che ci è nata. Perciò tutti quanti, in maniera ciclica, abbiamo bisogno di alternare il riposo al movimento, la riflessione all’azione; pensare di poter fare a meno del primo è la vana speranza di chi non vuole affrontare le proprie frustrazioni e il delirio della società moderna.

Non esiste creatura vivente che sia costantemente attiva, ma noi ci illudiamo di essere eccezionali e di poterlo fare in ogni ora, in ogni giorno, per tutto l’anno. Sempre carichi di “energia estiva”, sempre dinamici, brillanti e produttivi; sempre lì a correre dietro al tempo come il gatto col topo, ubriacati dalla malsana credenza che il riposo sia il lusso di chi non ha nulla da fare, perché “il tempo è denaro”, o “chi si ferma è perduto”. Ci intestardiamo di iniziare i famosi “nuovi propositi” proprio nel periodo dell’anno più indicato per il riposo, e viviamo delle vite sintonizzate su un tempo che è sempre lineare, una linea retta con passato, presente e futuro, e quindi il “già fatto”, il “da fare” e il “riposo” nettamente distinti tra loro. C’è poco da stupirsi che ci sia pieno di propositi mancati e di gente esaurita e sfibrata! E tutto per cosa? “In nome del progresso”, dirà qualcuno, ma io direi piuttosto “in nome del portafoglio” di chi guida questo “progresso”: se una società è nelle redini di poche persone del tutto “fuori fase”, accecate da abbondanza, egoismo e immediatezza, è inevitabile che finisca “fuori fase” anche tutta la carrozza.

Quello che ci insegna il ciclo delle quattro stagioni, allora, è che tutta la realtà è basata su cicli continui, che i cambiamenti che avvengono nel macrocosmo intorno a noi si riflettono nel microcosmo dentro di noi, che oltre alle stagioni “esteriori” esistono anche stagioni “interiori”. Ci insegna che non esiste un modello unico, sempre uguale e adattabile a chiunque,  ogni attività e in ogni momento. E che non esiste nemmeno l’eterno equilibrio perfetto, ma che tutto è continuo cambiamento, come la nostra creatività, il nostro umore, la nostra energia. La primavera ci insegna ad osare, l’estate ci insegna ad agire, l’autunno ci insegna a lasciar andare e l’inverno ci insegna a riflettere. Tutte insieme ci insegnano che il ciclo nascita-morte-rinascita ci può portare a un rinnovamento e a una crescita che non ha mai fine. Tutte insieme ci insegnano a vivere.



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