martedì 15 dicembre 2020

La vera Epifania è il risveglio di Madre Natura (e di tutti noi)

Le origini della festa, la leggenda dei Tre Re e la vera identità della Befana: messaggi per un legame da riscoprire 

La Befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte, con le toppe alla sottana, viva viva la Befana!”. È una filastrocca che ha tante varianti, ma la Befana la dipingono tutte nello stesso modo: una vecchietta arzilla e simpatica, vestita alla “bell’e meglio”, che vola su una scopa e che porta regali o carbone ai bambini di tutto il mondo.

Ma perché è fatta così e compare proprio il 6 gennaio? Quali sono le sue origini? Ed è vero che sono molto legate all’Epifania? Verrebbe da dire di no, visto che questa è una festa cristiana che ne parla della nascita di Gesù e dell’adorazione dei Re Magi. Eppure, vi garantisco che il legame è talmente forte che possiamo dire che la Befana non è un “accessorio” dell’Epifania, la Befana è l’Epifania. Anzi, l’unica e la sola.

Scaveremo nel passato fino alla nascita dei primi dèi, e conteremo il tempo su dei calendari che sembrano quelli di un altro mondo. Avremo bisogno del potere simbolico di alcuni numeri, e spulceremo fra le pagine di antichi libri sacri per capire il confine fra storia e leggenda. Alla fine, però, tutto sarà chiaro: la Befana è Madre Natura e il suo risveglio è la nostra Epifania. Letteralmente.

Che cosa si intende con “epifania”?

La parola “epifania” deriva dal latino tardo epiphanīa, che a sua volta proviene dal greco antico epipháneia, cioè “manifestazione dall’alto”. Un suo sinonimo, ma dal significato più specifico e che ci aiuta a capirne il senso, è “teofania”, altra parola dal greco antico theopháneia, che significa “manifestazione divina”. In pratica, indica un evento eccezionale come un sogno, una visione, una voce, un fenomeno naturale o una vera e propria apparizione con cui una divinità, di solito impercepibile per i cinque sensi dei mortali, si mostra di fronte a loro.

È un motivo che ricorre dall’alba dei tempi in credenze religiose di tutto il mondo, e molti esempi si trovano appunto nella mitologia greca. Apollo e Dioniso appaiono ai fedeli ogni volta che si celebrano le feste annuali e biennali in loro onore; Asclepio, dio della medicina, si manifesta al paziente spesso tramite il sogno; Zeus, senza sapere dell’inganno teso da sua moglie Era, si mostra in forma divina alla sua amante Semele, che così rimane uccisa folgorata.

Nell’ambito dell’Ebraismo e del Cristianesimo, la stessa Bibbia è ricca di episodi in cui Dio/Yahweh interagisce direttamente con i protagonisti. Fra i casi più famosi, la voce che parla a Adamo ed Eva nel Giardino dell’Eden, il rovo ardente che appare a Mosè sul Monte Oreb, o la colonna di fumo e di fuoco che guida gli Israeliti fuori dall’Egitto. Nei Vangeli, invece, sono considerate teofanie l’adorazione dei Re Magi, il Battesimo di Gesù sulle sponde del Giordano e il miracolo che compie alle Nozze di Cana.

La festa dell’Epifania, quindi, vuole celebrare quel momento in cui il dio cristiano si manifesta per la prima volta all’umanità sotto forma del figlio Gesù. Come vedremo meglio fra poco, secondo la Chiesa Ortodossa questo momento è il Battesimo, secondo quella Cattolica è la venuta dei Tre Re.

Perché il 6 gennaio, 12 giorni dopo Natale? Per rimpiazzare l'unica vera manifestazione, quella della natura

La Dea Madre e le sue discendenti

Grande Madre, Grande Dea, Madre Terra, Madre Natura. Ancora oggi viene chiamata con tanti nomi, ma parlano tutti della stessa divinità: la Dea Madre, cioè la dea della terra, della vita e della fertilità. Insieme a quello del Dio Padre, è uno dei due più grandi e antichi archetipi mitologici, il cui culto risale almeno al ca. 30.000 a.C.. È la personificazione della terra, che a sua volta rappresenta il Principio Femminile della realtà, perché, così come la femmina è colei che dà vita e nutre la progenie, la terra è quella che nutre e rinnova la vegetazione, gli altri animali, i raccolti e l’uomo stesso. È per questo che, anche se con nomi diversi, ritroviamo la Dea Madre in culture di ogni tempo e di ogni luogo: in Europa, è la Gaia dei Greci, la Mater Matuta degli Etruschi, la Magna Mater dei Romani, o la Jörð dei Norreni; in Asia, è la Prithvi della mitologia Hindu, la Nuwa di quella cinese e la Umay di quella turca; in Oceania è la Papatūānuku dei Māori, mentre nelle Americhe è la Pachamama degli Inca e la Donna Ragno di molte tribù del Nord.

Col passare dei secoli e dei millenni, la società umana passa da tribù frammentate e nomadi di cacciatori-raccoglitori, a grandi società stanziali di agricoltori e allevatori. La popolazione cresce, le attività si diversificano, e le interazioni fra culture si trasformano in grandi scambi o grandi conflitti. Tutto questo si riflette sulla psicologia del singolo e della comunità, perciò anche le credenze mitologiche cambiano, diventando più ricche e articolate. E così, se all’inizio dei tempi erano solo due le divinità che tenevano i fili del mondo, dopo le loro competenze vengono suddivise fra dèi numerosi e specializzati, che spesso sono proprio i discendenti, cioè figli e nipoti dei due primordiali.

Per quel che riguarda la Dea Madre, allora, fra le sue “eredi” ci sono le dee dell’eros come Afrodite e Venere, le dee dei boschi e degli animali selvatici come Artemide e Diana, o quelle della fertilità della terra come Demetra e Cerere. Fra tutte, una che ci aiuterà molto a capire le origini dell’Epifania proviene dalla mitologia romana, cioè la dea Strenia, divinità connessa alla prosperità e alla salute, alla fortuna e all’abbondanza dell’anno nuovo.

I 12 giorni sacri del calendario romano

Secondo la leggenda, il primo calendario usato dai Romani fu istituito da Romolo nel 753 a.C. quando Roma venne fondata. Era un calendario lunare, fatto di 10 mesi e 304 giorni fra marzo e dicembre, perché i 61 giorni invernali fra dicembre e marzo non erano assegnati a nessun mese; il primo mese dell’anno era quindi marzo, il Capodanno era fissato al 15 e il suo nome derivava dal dio Marte. Tutto questo perché marzo è il mese dell’equinozio di primavera, la stagione della rinascita nella natura, e si dà il caso che, anticamente, Marte fosse anche una divinità agricola oltre che dio della guerra: con il suo spirito guerriero, il dio proteggeva i raccolti da minacce sia naturali che sovrannaturali.

Una prima grossa riforma a questo calendario venne apportata nel 713 a.C. da Numa Pompilio, leggendario Secondo Re di Roma, che aggiunse i mesi di gennaio e febbraio e portò i giorni a 355. Sulla data del Capodanno ci sono fonti poco chiare e discordanti, ma probabilmente fu spostata al 1° marzo, se non addirittura già al 1° gennaio: il nome “gennaio”, infatti, deriva da Giano, forse la più antica fra le divinità romane, associata agli inizi e alle fini, ai passaggi e alle soglie, e più in generale al cambiamento, ai cicli e allo scorrere del tempo; sembra plausibile, quindi, che il mese intitolato a lui fosse già diventato il primo. Certo è che Capodanno diventò in pianta stabile il 1° gennaio dal 45 a.C., quando Giulio Cesare riformò di nuovo il calendario introducendo quello Giuliano, cioè uno solare, fatto di 365 giorni, con un anno bisestile ogni 4 anni e con l’equinozio di primavera che cadeva il 25 marzo.

Ma in che modo tutto questo si ricollega al culto della Dea Madre e all’Epifania? Non sappiamo se fra i Romani esistesse un antico culto di una Dea Madre ma, di sicuro, dal 205 a.C., esisteva quello della Magna Mater (detta anche “Cibele”), che le caratteristiche di una Dea Madre le aveva tutte. E sappiamo anche che, fra il 15 e il 28 marzo, si tenevano molte festività in suo onore (Sanguem), che insieme a lei volevano festeggiare appunto il risveglio della natura. Quando il Capodanno fu spostato al 1° gennaio forse questa ricorrenza si mantenne, ma sicuramente ne nacque anche una nuova e molto connessa: lo scambio di regali come segno di augurio e abbondanza per l’anno nuovo, dei regali che erano chiamati “strenae” perché associati alla dea Strenia, quella “erede” della Magna Mater che iniziò a essere festeggiata insieme a Giano con l’arrivo del nuovo anno.

A questo punto, rimane solo un’ultima cosa da chiarire: perché l’Epifania cade proprio 12 giorni dopo il 25 dicembre? Non è un numero fissato a caso, non è stato inventato dalla Chiesa e non è indicato in nessun libro sacro. Il fatto è che il 12 è uno dei numeri più sacri e ricchi di significato, perché ricorre negli eventi naturali più rilevanti: 12 sono le lunazioni della Luna nell’arco di un anno, le costellazioni attraversate dal Sole, gli anni del periodo siderale di Giove (dopo Venere, la più brillante delle antiche “stelle erranti”); è sulla base di questo che, ancora oggi, abbiamo calendari di 12 mesi e giorni divisi in due parti di 12 ore, ed è per questo che è un numero che ricorre in mitologie, fiabe e poemi epici di molte culture: il 12 è il simbolo del completamento di un ciclo. In più, non dimentichiamo che i giorni dal 21 al 24 dicembre sono quelli del solstizio d’inverno, quelli in cui l’altezza del Sole sull’orizzonte tocca il suo minimo, e che il 25 è il giorno in cui questa altezza torna ad aumentare, cioè quello in cui il Sole “rinasce”. Per via di tutto questo, ecco che i Romani credevano che, in quei 12 giorni simbolici, una dea come Diana si ponesse alla testa di figure femminili divine o semidivine, e che insieme volassero sopra i campi coltivati per infondere in loro la fertilità.

In conclusione, anche se non la chiamava né “epifania” né “teofania”, il paganesimo romano una “manifestazione divina” la festeggiava già in Età Regia e Repubblicana, cioè quella della natura, che rinasce insieme al Sole in quei 12 giorni dopo il 25 dicembre.

L'Epifania cristiana: tante varianti, un unico scopo

Come ho accennato qualche riga più in su, la venuta dei Re Magi, il Battesimo di Gesù e il miracolo di Cana sono i tre eventi considerati dal Cristianesimo come prime “manifestazioni divine” di Gesù. L’episodio del Battesimo si riferisce a quello in cui Gesù, all’età di circa 30 anni, viene battezzato da Giovanni sulle sponde del fiume Giordano; in quel momento lo Spirito Santo discende su di lui sotto forma di colomba e in cielo si sente echeggiare la voce di Dio che dice: “Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto”. L’evento di Cana, anche se a molti non dice niente, è invece uno dei più famosi: a una festa di matrimonio tenuta a Cana, in Galilea, Gesù compie il suo primo miracolo tramutando in vino l’acqua del banchetto. Infine, la visita dei Magi: ne parleremo meglio fra qualche riga, ma intanto possiamo dire che, secondo la tradizione, consiste in tre Re Magi che, guidati da una profezia e da una stella, giungono a Betlemme da Paesi orientali per far visita a Gesù appena nato.

I concetti e le stesse parole di “epifania” o “teofania” non compaiono da nessuna parte nei Vangeli, si tratta di interpretazioni che sono state fatte a posteriori. Ma da quando? Da chi? E perché? Il miracolo di Cana è considerato “manifestazione divina” da tutto il mondo cristiano almeno dal III secolo, per l’ovvio motivo che è il primo “atto soprannaturale” compiuto da Dio/Gesù; al tempo, specialmente in Oriente, era considerato un evento fondamentale, ma già dal secolo successivo passò in secondo piano rispetto agli altri due, tant’è che oggi non è incluso nell’Epifania. Il Battesimo è una teofania per ogni corrente cristiana, ma solo per quella Ortodossa è l’evento fondamentale, quello che viene festeggiato con l’Epifania al 6 gennaio fin dal III secolo: secondo la loro visione, la discesa dello Spirito e la voce di Dio sono chiari segni che la vera e propria incarnazione è avvenuta in quel momento, non in quello della nascita. Per la tradizione Cattolica, invece, l’incarnazione è avvenuta alla nascita, ma la vera e propria “manifestazione” si ha con la visita dei Magi: sono dei Re, rappresentanti di Paesi lontani e di religioni diverse, eppure riconoscono in Gesù un dio profetizzato dalla loro stessa fede; quanto alla data, il 6 gennaio viene osservato già dal IV secolo, e sicuramente è ufficiale da dopo il Concilio di Tours del 567.

Detto anche questo, finalmente possiamo tirare le somme: perché il Cristianesimo festeggia l’Epifania e lo fa il 6 di gennaio? Il 25 dicembre non è indicato da nessun Vangelo come data di nascita di Gesù, ma venne scelto appositamente fra il IV e il V secolo per sostituire il culto romano del Sol Invictus e qualsiasi altra festa pagana legata al solstizio d’inverno (vedi l'articolo "Yule, il Natale originale"). Nemmeno il 6 gennaio viene indicato, e neppure che trascorsero 12 giorni dalla nascita di Gesù alla visita dei Magi. Per cui, alla luce di tutto quello che abbiamo visto, possiamo dire che anche la data dell’Epifania è stata scelta con lo stesso criterio: per sovrapporre il Cristianesimo alle credenze preesistenti, perché, ai fini della conversione dei pagani, giocare sulla somiglianza fra vecchia e nuova religione avrebbe funzionato meglio e più a lungo termine di qualsiasi persecuzione.

I Magi esistevano, ma non sono mai stati a Betlemme

La tradizione la conoscono tutti. I Magi erano in tre e si chiamavano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre; erano dei Re che venivano da Oriente, o da India, Persia e Arabia, oppure da Europa, Africa e Asia (ecco perché, spesso, sono rappresentati uno bianco, uno nero e uno mulatto); giunsero a Betlemme guidati da una stella, portarono in dono oro, incenso e mirra, e fecero visita a Gesù il 6 gennaio, 12 giorni dopo la sua nascita al 25 dicembre. Sull’ultimo punto abbiamo discusso fino ad ora e abbiamo capito che si tratta di pura invenzione, ma che cosa dire del resto? C’è qualcosa di vero o è solo una leggenda?

Fatta eccezione per i Vangeli Apocrifi, cioè quei Vangeli non riconosciuti dalla Chiesa e comunque redatti in tempi molto successivi, l’unico Vangelo che riporta l’episodio dei Magi è quello di Matteo (2.1 – 12). Qui si racconta che “alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme”, dove iniziarono a domandare dove fosse “il Re dei Giudei”, visto che “la sua stella” li aveva condotti fino a lì. Re Erode, spaventato dalla notizia e non sapendo nulla di alcuna stella o profezia, chiese a scribi e sacerdoti di indagare e così venne a sapere che il luogo in cui cercare era Betlemme. Allora incontrò i Magi, diede loro l’informazione e li pregò di tornare a riferire, in modo che anche lui potesse andare a trovare questo “Re”. Guidati ancora dalla stella, i Magi arrivarono fino a Gesù e gli consegnarono i tre doni, dopodiché tornarono in patria, perché furono avvertiti in sogno di non tornare da Erode.

E questo è quanto, di tutta la vicenda non sappiamo altro. Nessun riferimento ai loro nomi, ai Paesi specifici da cui provenivano, o al fatto che fossero in tre e che fossero dei Re. Da dove deriva, allora, quello che ci ha tramandato la tradizione? Di sicuro si tratta di interpretazioni e di aggiunte fatte a posteriori, ma fatte sulla base di cosa? E con quale scopo?

Quello che possiamo dire è che, se i Magi sono 3, è solo per via di una supposizione fatta sulla base che 3 sono anche i doni portati. Questi ultimi, fra l’altro, non sono affatto casuali, perché l’oro è l’oggetto d valore tipico dei regnanti, l’incenso è da sempre la tipica fragranza accesa in onore delle divinità, e la mirra era una resina usata anticamente per l’imbalsamazione; sono quindi oggetti che simboleggiano la regalità, la divinità e l’umanità di Gesù, visto che è Dio incarnato (il Re dei Re), è Dio e suo figlio al tempo stesso (quindi una divinità), ma è anche umano e destinato a morire. Possiamo anche ricordare che i Magi (dal persiano magūsh) erano astrologi esperti e sacerdoti dello Zoroastrismo, la religione dominante nell’Impero Persiano dell’epoca, una che credeva nella venuta di un Salvatore di nome Saoshyant, e che pensava che determinati fenomeni astronomici potessero predire la venuta di un grande regnante. Anche l’Ebraismo credeva nell’arrivo di un Messia, e l’Antico Testamento riporta numerose profezie che indicano Israele e Betlemme come il luogo, una “stella” come segno, e dei Re da tutte le nazioni che giungono per adorarlo (Isaia 60, Salmi 72, Salmi 68, Michea 5:1, Numeri 22-24). Infine, in quanto ai nomi e alla provenienza, dato che parlava di “Magi” e che a oriente della Palestina c’era appunto l’Impero Persiano, Matteo alludeva di sicuro a questo come Paese d’origine; quelli che conosciamo oggi li ha quindi creati nel tempo la tradizione popolare, forse anche per dare all’evento una portata sempre più grande e internazionale.

E infatti, alla fine dei giochi, molti esperti concordano ormai sul fatto che l’episodio dei Magi sia solo leggenda. Una leggenda che, come al solito, è stata costruita con un puro scopo di propaganda: con tutti quei simboli e quelle “incredibili somiglianze” con Ebraismo e Zoroastrismo, il messaggio che vuole mandare è che Gesù è proprio quel Salvatore predetto anche da quelle fedi, perfino da una pagana, e che il Cristianesimo è quindi l’unica vera religione da abbracciare.

La Befana è una vetusta, bonaria e sfuggente Madre Natura

La vecchia, il terzo volto della Triplice Dea

Vecchia, coi capelli bianchi e col naso adunco. E magari anche gobba, con pochi denti e coperta di abiti che hanno le toppe perfino sulle toppe. Anche se brutta, questo aspetto, sommato al suo carattere bonario, rende la Befana buffa e simpatica, e suscita anche un po' di tenerezza. Ma come mai viene rappresentata così? Deriva proprio da quello che abbiamo visto all’inizio: dal culto della Dea Madre, e in particolare alla sua veste di Triplice Dea.

Quando si parla di Divinità Triplice, si intende o delle divinità che compaiono sempre in gruppi di 3, oppure un’unica divinità che può assumere 3 aspetti al tempo stesso. Anche questo è un archetipo che ricorre in molte culture del mondo, e infatti, nel primo caso, vedi le Moire greche, le Parche romane, le Norne norrene, o la triade araba di Al-'Uzzā, Allat e Manāt; nel secondo caso, ne sono un esempio Ecate fra i Greci, Diana fra i Romani, Brigid fra i Celti, o Mahadevi nell’Induismo. E come mai proprio 3? Perché il 3, come il 12, è un numero che nasconde un profondo simbolismo: inizio-metà-fine, passato-presente-futuro, vita-morte-rinascita, nascita-crescita-declino; in questo numero, insomma, si sintetizzano le 3 grandi tappe esistenziali che qualsiasi cosa, vivente o non vivente, sperimenta nell’universo.

Ci sono anche esempi di Triplici Dèi, tipo Para Brahman nell’Induismo o Triglav nella mitologia slava, ma il più delle volte si parla di Triplici Dee, quindi di divinità femminili. Perché? Perché è la terra quella che crea, preserva e distrugge al tempo stesso, perciò lo è anche la Dea Madre che la rappresenta, e con lei molte delle sue “eredi”, fra cui ci sono proprio delle dee come Diana e Strenia. Si può dire, quindi, che la credenza di divinità femminili, associate alla natura e al nuovo anno, e con il triplice aspetto di giovane, matura e anziana, era già radicata da secoli nell’immaginario dell’uomo.

I loro culti, come tutti quelli pagani in generale, sono sopravvissuti per molto tempo dopo la cristianizzazione, specialmente nelle campagne, forse perché proprio qui i cicli stagionali e dei raccolti erano ancora un “ricordo tangibile” di quelle dee e di Madre Natura; non per niente il termine “pagano” deriva da “pagus”, cioè il territorio rurale oltre le mura della città. Per di più, Diana è forse l’unica dea a essere menzionata esplicitamente nei Vangeli (Atti 19), per cui è stato facile, nei secoli successivi, associare proprio lei, il suo culto e tutto il suo simbolismo alla stregoneria e alle streghe. E come era rappresentata tipicamente la strega? Come una “vecchiaccia, brutta e cattiva” a partire, più o meno, dal XIV secolo, lo stesso periodo in cui compare anche il nome “Befana”, che deriva da “epifania” tramite “bifanìa” e “befanìa”. Messo insieme tutto questo, possiamo dare la risposta: la Befana è vecchia perché è il lascito di uno dei tre volti della Dea Madre, è l’antico simbolo di una natura arrivata vecchia e spoglia alla fine del sacro ciclo di 12 mesi, scandito dalle 3 tappe universali di ascesa-sviluppo-discesa.

I regali, il carbone, la calza e la scopa: simboli antichi di speranza, protezione e purificazione

Porta i regali come Babbo Natale, ma non li lascia sotto l’albero, li mette dentro una calza. A volte porta giocattoli, ma più spesso sono dei dolci, e per i bambini “monelli” ha in serbo anche un po' di carbone. Pure lei si dice che passi dal camino ma, invece che su una slitta, vola di casa in casa in sella ad una scopa. C’è qualche connessione fra queste tradizioni e le antiche origini della Befana?

L’usanza di scambiarsi regali al passaggio fra anno vecchio e nuovo era diffusa fra i Romani già in Età Regia. Secondo la leggenda fu istituita da Romolo all’anniversario della fondazione di Roma, perché, quando cinse la città con le mura, i cittadini lo vollero omaggiare con dei rami tratti da un bosco sacro dedicato a Strenia; secondo un’altra, fu istituita da Tito Tazio, coregnante di Romolo, che per primo colse un ramo da un bosco di Strenia e lo usò come dono augurale per l’anno nuovo. In ogni caso, l’usanza ricorre intorno all’anno nuovo già da quel periodo, e se all’inizio si trattava di rami di piante sacre tipo ulivo o alloro, col tempo si passò a cibo, denaro e oggetti vari; e i regali presero il nome di strenae (da cui la “strenna” di oggi) perché ricollegati a Strenia, un po' per via di queste leggende, e un po' perché era una dea dell’abbondanza festeggiata in quel periodo dell’anno. Il significato dei regali, infatti, era quello di un buon auspicio, un augurio di nuova fertilità e ricchezza per i mesi avvenire. Perciò si può dire che la Befana porta i regali come faceva prima di lei il “vecchio volto” di Strenia.

E perché porta anche il carbone ai bambini “cattivi” e mette tutto quando dentro una calza? Merito dei culti del Sole e colpa della morale Cattolica. Quello di accendere grandi falò all’aperto o piccoli fuochi nel camino di casa è un rito antichissimo, diffuso fra tanti popoli e in occasione di molte festività, il cui significato è quello di propiziare il ritorno della luce e del calore del Sole. Ma non solo. Spesso veniva acceso con legno di piante tipo quercia, olivo o betulla, o perfino con fantocci vestiti di stracci, perché volevano rappresentare l’anno vecchio, per cui il senso era quello di voler bruciare insieme ad essi tutte le cose andate per il verso sbagliato. E così il suo carbone diventava un potente amuleto contro le sventure future, che si conservava in casa, si spargeva nei campi, o si portava con sé dentro calze di lana, che erano anche utili contro il freddo del periodo. Ma, come avrete capito fino ad ora, la Chiesa ce l’ha messa tutta per cancellare certe tradizioni, e infatti è con la diffusione della mentalità cristiana che il carbone diventa un simbolo negativo tanto quanto la Befana, che quindi cominciò a portare solo quello ai bambini che si erano comportati “male”.

Che siano regali o carbone, comunque, la Befana li porta volando su una scopa, e il perché può essere il frutto di un mix di molti fattori. Di certo, la scopa è stata fra i primi oggetti a essere usati per la pulizia della casa, per cui è stato facile associarla alla figura della donna (stereotipo delle pulizie domestiche), e anche a riti di purificazione legati all’anno nuovo o alla primavera, alcuni dei quali si praticano ancora oggi (vedi le famose “pulizie di primavera”). Come si è visto, poi, i culti solari avevano già un profondo legame con rami, fascine e tronchi di piante e, in ambito romano, anche con divinità come Strenia. E non ci dimentichiamo la tradizione delle “donne volanti” guidate da Diana, che di sicuro ha contribuito all’immagine della “strega volante” di qualche secolo dopo. Da questa mescolanza di simboli, tradizioni e associazioni, forse, deriva la figura della Befana che vola su una scopa.

La Befana italiana non è l'unica, e non ha mai incontrato i Magi

Se intendiamo la Befana come una donna anziana, che vola su una scopa e porta i regali ai bambini il 6 gennaio di ogni anno, si può dire che è una figura tipica del folklore italiano. Se però andiamo a guardare al simbolismo generale, cioè quello che abbiamo visto fino ad ora di “anno vecchio”, o personificazione di una Madre Natura “attempata”, allora possiamo dire che la Befana ha varie altre “sorelle”. Per lo meno in Europa, c’è la Perchta del folklore austriaco, la Hulda di quello tedesco, la Cailleach di quello gaelico, o la Baba Yaga di quello slavo.

Quanto al famigerato incontro con i Magi, ovviamente non compare da nessuna parte nei Vangeli, si tratta di una leggenda popolare che forse risale al XII secolo. È la leggenda secondo cui i Tre Re, siccome non riuscivano a trovare la strada per Betlemme, chiesero indicazioni ad una donna anziana che incontrarono lungo la via. Lei li informò, i Magi la invitarono a seguirli ma, siccome aveva da fare, li lasciò andare per conto loro. Poi ci ripensò, preparò un sacco pieno di regali e cercò di raggiungere sia i Magi che Gesù ma, siccome non li trovò, si fermò di casa in casa a lasciare quei regali a tutti i bambini che incontrava. Da allora diventò la Befana, e iniziò a ripetere il rito tutti gli anni e con tutti i bambini del mondo, per compensare il fatto di non aver portato alcun regalo al “bambino dei bambini”.

Chi, dove e quando ideò la leggenda non lo sappiamo, ma il perché è palese: probabilmente fu un tentativo di “cristianizzare” la figura della Befana, visto che ogni altro mezzo adottato dalla Chiesa sembrava che non ce la facesse proprio a eliminare dall’immaginario questa “vecchia Madre Natura”. E, a quanto pare, non ce l’ha mai fatta.

La nostra epifania sarà la nostra salvezza

Molti considerano la mitologia solo come un’accozzaglia di “belle storie”, dei racconti suggestivi e pieni di fantasia che non hanno alcuno scopo se non quello di fare un po' di intrattenimento. Ma non c’è nulla di più sbagliato. Divinità e creature leggendarie, poteri soprannaturali e oggetti magici, epoche perdute e luoghi misteriosi. Qualsiasi ingrediente che compaia in un mito è un simbolo, una metafora, una proiezione delle emozioni dell’uomo, del suo animo. E se anche la superbia del mondo di oggi fra credere a tutti (e a sé stesso) che tutta la nostra storia sia solo il frutto del pensiero e delle azioni, in realtà ciò che muove il nostro mondo sono prima di tutto le nostre sensazioni. Perciò, il bello e l’utile di “sondare il mito” è che ci permette di capire sia noi stessi che il nostro mondo, nel passato, nel presente e nel futuro. E infatti, che cosa ci raccontano di noi le origini dell’Epifania?

Ci raccontano che non importa che sia una o che siano cento, che rappresentino un singolo albero o l’intero pianeta: le divinità di ogni tempo e di ogni fede sono semplicemente dei riflessi, delle personificazioni di emozioni umane o elementi naturali. Se la natura è qualcosa di non ben definito, e a volte astratto e intangibile, l’uomo si sente impotente nei suoi confronti, ma se ha un aspetto, un volto, un nome e addirittura una personalità e una storia, allora ci può essere un dialogo, un’interazione, e delle sue azioni che possono fare la differenza. In altre parole, se un'emozione o un fenomeno diventano un dio, allora diventano “umani”; in altre parole, nel venerare le divinità, l’uomo venera sé stesso e il mondo che lo circonda.

Ma, soprattutto, ci raccontano un’altra cosa. Che la nostra specie, agli inizi, aveva un approccio intuitivo e istintivo verso la natura sia umana che generale, aveva una connessione profonda con essa e, allo stesso tempo, ne era anche un po' soggetta, perché non sapeva nulla dei suoi meccanismi. Poi si è evoluta, ha iniziato a svelare e controllare i “segreti” delle cose, e questo ha portato al predominio della logica e ad una grave sconnessione, perché ci ha illusi di essere diventati onnipotenti. In pratica, siamo passati da un mondo con una visione olistica in cui l’uomo è “schiavo” della natura, a uno con una visione meccanicistica in cui la natura è “schiava” dell’uomo.

Sono convinto che, se là fuori ci fossero 100.000 pianeti come la Terra con 100.000 civiltà come quella umana, scopriremmo 100.000 storie identiche alla nostra, perché questa è una dinamica spontanea dell’evoluzione, una a cui va sempre incontro la materia nel momento che diventa autocosciente. Ma questo non significa che ci possiamo sedere sugli allori. È giunto il momento di fare basta con credenze spirituali che creano fantocci della natura e negano istinti ed emozioni per un puro scopo di controllo. E basta anche con quei metodi di produzione che credono di poter spremere cose e persone senza conseguenze, mentre puntano al profitto di pochi che del presente e del futuro degli altri e del mondo se ne fregano. È giunto il momento di creare un nuovo mondo, un terzo mondo che sia l’unione e la sintesi dei due precedenti, fatto di emozioni, pensieri e istinti, spirito, mente e corpo che lavorano insieme.

Sapete qual è un altro significato di “epifania”? È quello di intuizione, illuminazione, risveglio. Quello di questo periodo storico è il nostro momento, è quello del risveglio di cui abbiamo bisogno per evolverci. Non più uomo e natura schiavi l’uno dell’altro, ma soci alla pari. O ancora meglio: una cosa soltanto.


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Fonti:

2 commenti:

  1. Davvero interessante, ma sui tre re (magi) esiste anche un'altra storia, affascinante, della quale è a conoscenza, ormai, tantissima gente. Comunque, grazie, è decisamente esauriente.

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    1. Grazie a te!

      Di versione alternativa della storia dei Re Magi conosco solo quella che ho riportato, che li vede protagonisti insieme alla Befana. Tu quale altra conosci?

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