giovedì 5 dicembre 2019

I terremoti imprevedibili (cioè tutti)

Certezze, teorie, miti da sfatare: le soluzioni esistono e siamo noi i primi a renderle possibili

Faglia di San Andreas, California, USA

Tutte le volte la solita storia: si scatena un forte terremoto, ci sono danni e vittime, ed ecco che si riaccendono i soliti dibattiti: c’è chi chiede se si sapesse che quell’area era rischiosa e chi domanda per l’ennesima volta se i terremoti si possono prevedere o no; si conferma che il rischio si conosce dalla notte dei tempi, ma che i fondi per la valutazione e la messa in sicurezza delle strutture sono misteriosamente irreperibili; e dulcis in fundo, iniziano a circolare le voci secondo cui si possono prevedere eccome ma non si finanzia la ricerca per speculare sulle ricostruzioni, oppure non si possono prevedere, ma infatti sono tutti indotti dall’uomo, e chissà perché ci finisce sempre di mezzo il CERN con i suoi “esperimenti incontrollati”.

La verità? Vi sorprenderà scoprire che è molto più semplice di quel che credete, e fatta appena appena di due punti: i terremoti sono fenomeni complessi, su cui molto c’è ancora da scoprire; mentre speriamo che la ricerca giunga sul serio a un metodo di “previsione” efficiente, la prevenzione è l’unica difesa che abbiamo, solo che i fondi per attuarla non vanno sempre a finire dove dovrebbero.

Ma andiamo per ordine.

Che cosa sono i terremoti?


Per capire il nocciolo della questione, prima di tutto c’è da capirne un altro di nocciolo, cioè quello della Terra.

Il nostro pianeta ha una profondità di circa 6370km, con una struttura “a cipolla”, cioè una che si potrebbe definire “a strati”: alcuni più spessi, altri più sottili, alcuni più rigidi, altri più plastici. Gran parte di questo spessore (ca. 2900km) viene chiamata “mantello”, che non è un immenso oceano di lava come certi film e documentari ci hanno abituato a pensare, ma è fatto di dura e solida roccia; nonostante questo, è roccia sottoposta a temperature e pressioni tali che, nei fatti, si comporta come una sostanza viscosa, cioè, tanto per capirci, come una gigantesca polenta: si muove molto piano, ma si muove, creando correnti più o meno circolari chiamate “correnti convettive”.

Lo spessore sui cui poggiano i nostri piedi (e le fondamenta dei nostri edifici) è chiamato “crosta”, e ha spessori che vanno da 5 a 80km: praticamente è la buccia della cipolla. E qui sta il punto fondamentale: proprio a causa di queste lente, ma colossali e potenti correnti che esistono nel mantello, fin dalla sua formazione la crosta non è mai stata un blocco unico, è sempre stata fratturata, perforata, reinghiottita, accavallata, col risultato di essere frammentata in tanti pezzi, quelli che vengono chiamati “placche tettoniche”. Sempre a causa di queste correnti, queste placche si spostano come gigantesche zattere, e così si scontrano, sfregano l’una contro l’altra, si accavallano, e in certi punti si stirano fino a spaccarsi.

Mi rendo conto che è controintuitivo, perché tutti noi, se pensiamo a una roccia, la vediamo come la cosa più statica e rigida che ci sia; ma dobbiamo pensare che qui si parla di forze in gioco che coinvolgono un pianeta intero, miliardi di tonnellate di roccia, pressioni che agiscono per centinaia o migliaia di anni. Ed è qui che sta l’origine dei terremoti: sottoposta a forze simili, anche una cosa solida come una roccia può arrivare a deformarsi come un cubetto di "DAS": ovviamente i moti sono estremamente lenti, e prima che una porzione di crosta si possa rompere ci vuole molto tempo; quando questo accade, però, la roccia si frattura, si formano le cosiddette “faglie”, le forze accumulate nell’arco di anni, secoli o millenni si liberano in un colpo solo sotto forma di onde, e allora ecco il fenomeno del sisma.

Quindi, in sostanza, un terremoto è semplicemente questo: uno scuotimento del terreno dovuto a una sua frattura. Paradossalmente, il fenomeno in sé per sé non ha proprio nulla di pericoloso, l’uomo preistorico che viveva quasi costantemente all’aperto correva meno rischi di quello moderno. Il problema sta “solo” nel fatto che, se gli edifici non sono costruiti in modo da resistere alla sismicità del posto, crollano per via delle scosse.

Una volta per tutte: che cosa sappiamo misurare dei terremoti? Si possono prevedere?


Sopra: posizione delle placche tettoniche
Sotto: distribuzione dei terremoti
Tanto per cominciare, sappiamo che i terremoti non avvengono a casaccio, nel senso che sappiamo quali fenomeni li causano e sappiamo anche dove avvengono. Basta vedere la figura a lato: se si va a guardare dove si verificano i terremoti nel mondo, guarda caso la loro distribuzione ricalca perfettamente i limiti delle placche tettoniche. Questo per dire, appunto, che è lì che si verificano, in corrispondenza dei margini delle placche, cioè dove queste si scontrano, sfregano o si stirano.

La matematica che li descrive, inoltre, vi garantisco che si conosce a menadito, e consente di descriverne tantissimi parametri.

Per esempio, nel giro di poco tempo, confrontando i dati di appena cinque stazioni sismiche, è possibile determinare ipocentro e epicentro: il primo è il punto, in profondità, in cui è avvenuta la frattura che ha causato il sisma; il secondo è la sua proiezione sulla superficie ed è anche il punto in cui i suoi effetti si sentono maggiormente.

È possibile stabilire il tipo di faglia che ha generato il terremoto, cioè se inversa, diretta o trascorrente: nel primo caso, significa che è stato generato da un movimento compressivo, nel secondo caso distensivo, nel terzo “di sfregamento”.

Si può misurare l’entità dello spostamento prodotto dalla faglia e l’accelerazione subita dal terreno in seguito alle scosse. Soprattutto, si può misurare la magnitudo, che corrisponde all’energia rilasciata dal terremoto.

Ma il risultato più potente a cui la sismologia è riuscita ad arrivare fino ad oggi è di sicuro quella che viene chiamata “relazione Gutenberg-Richter”: un’equazione semplice, fatta di 4 parametri, 2 dei quali sono da adattare alla zona di riferimento. Il bello della G-R, infatti, è che, potenzialmente, se ne può costruire una per ogni zona del pianeta, che sia piccola come un paese o grande come uno Stato, e il risultato a cui porta è stupefacente: conoscendo la magnitudo del sisma principale, permette di stabilire quante scosse ci possiamo aspettare prossimamente con una certa magnitudo inferiore; e soprattutto, conoscendo il numero di eventi sismici di una certa zona nell’arco di un anno e la loro magnitudo, può fornire una stima dei famosi “tempi di ritorno”, cioè i tempi entro i quali, in quella zona, ci si può aspettare sismi di una certa magnitudo.

E a questo punto qualcuno esclamerà: “Cazzo! Ma allora è vero che si possono prevedere i terremoti!”. Ma purtroppo non è così semplice. È vero che ci può dire quante scosse aspettarci di una certa magnitudo conoscendo quella del sisma principale, ma appunto, quella del principale si deve conoscere, cioè deve già essere avvenuto; e comunque, se anche stima quante saranno, non è in grado di dire quando saranno. Quanto ai tempi di ritorno, la G-R è potente, ma ha un grosso limite: è capace di stimare entro quanto tempo ci si può aspettare un certo sisma, ma non ci può dire il momento esatto. Per capirci meglio: ci può dire che in una certa zona, nell’arco di 200 anni, ci si può aspettare un sisma di magnitudo=6, ma se questo sisma avviene oggi, nessuno può sapere se il prossimo sarà sul serio fra 200 anni esatti, o fra 197, o fra 203, e soprattutto nessuno può dire il giorno e l’ora precisi nell’arco di quei 200 anni.

E allora, che vogliamo fare? Andiamo dalle persone che vivono lì e diciamo “Ehi, mi raccomando: da qui ai prossimi 200 anni, occhi aperti tutti i giorni perché non si sa mai”?

Teorie e falsi miti


Come abbiamo visto, quindi, di cose sui terremoti se ne possono dire molte. Nonostante questo, però, di teorie su possibili metodi di previsione e su altri fenomeni scatenanti ne girano di più che mosche intorno a una cacca. Come mai? Di motivazioni ce ne sono varie, ma di sicuro una è questa: i terremoti sono fenomeni complessi e la sismologia esiste appena dalla seconda metà dell’Ottocento, per cui ci sono aspetti non ancora ben chiari nemmeno per gli esperti.

FORESHOCKS. Sono le scosse "premonitrici", cioè i sismi di piccola magnitudo che (a volte) precedono un grande evento. È vero che in certi casi preannunciano un forte terremoto, ma è anche vero che in molti casi il forte terremoto non si verifica. Oppure, accade che si verifica, ma senza che ci sia stato alcun foreshock, come nel caso di Amatrice nel 2016.

DEFORMAZIONI DEL SUOLO. Esistono studi, condotti anche da INGV e CNR, a proposito di queste deformazioni: si parla di movimenti di pochi mm, rilevati tramite satellite, che precederebbero di mesi un grande sisma. Ad oggi, però, non si è ancora arrivati a stabilire per certo se esiste un legame fra i fenomeni e come funziona.

PRESSIONE DEI FLUIDI. Una ricerca condotta qualche hanno fa da INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), Università dell’Aquila e INGV ha dimostrato che, prima del sisma di Amatrice del 2016, si è osservato un aumento nella pressione dei fluidi all’interno del Gran Sasso. È questo un fenomeno che si verifica sempre, in qualsiasi luogo, quando avviene un forte terremoto? La questione è ancora aperta.

RADON. Diverse osservazioni hanno rilevato, prima di un forte sisma, un aumento nella concentrazione di gas radon emesso dalle rocce del sottosuolo. Il problema è che ci sono parametri che variano notevolmente, come la distanza fra il luogo in cui si misura la concentrazione e l’epicentro (fino a 1000km), gli intervalli di tempo (da ore a mesi) e la magnitudo misurata.

CAMPO MAGNETICO. Pare che in alcuni casi, effettivamente, una variazione locale del campo magnetico abbia agito da precursore per un sisma, ma pare anche che in molti altri casi sia accaduto qualcosa di simile a ciò che accade con i foreshocks: anomalie magnetiche, ma poi nessun sisma.

LUCI TELLURICHE. Si tratta di insoliti effetti luminosi che vengono osservati prima di alcuni terremoti fin dall’antichità. In effetti, esistono proprietà di alcuni minerali come la piezoelettricità, la triboelettricità e la piroelettricità, cioè la capacità di generare corrente elettrica se sottoposti a pressione, attrito o calore. Tra l’altro, questa formazione di campi elettrici può avere l’effetto di ionizzare particelle dell’aria (cioè di “strappare” loro elettroni), cosa che, come nel caso delle aurore polari, genera emissione di luce. Anche qui, però, non c’è ancora nulla di certo e di chiaro, e ci sono fattori molto variabili: a volte osservate molto tempo prima di un grande sisma, a volte poco prima; a volte vicino all’epicentro, altre volte molto lontano.

COMPORTAMENTI STRANI IN ALTRI ANIMALI. In Giappone, pesci gatto più agitati, nel 30% dei casi, a fronte di terremoti di magnitudo=3 o superiore. Serpenti che escono dalle loro tane, nonostante il freddo invernale, prima del sisma del 1975 a Haicheng (Cina). Animali di fattoria particolarmente nervosi alcune ore prima del sisma in Abruzzo del 2009. Per non parlare di cani che abbaiano, formiche che non rientrano nei formicai e mucche che fuggono. Di fenomeni simili ne vengono osservati diversi ormai da secoli, ma i problemi sono sempre i soliti: primo, questi comportamenti potrebbero essere a loro volta indotti da altri fenomeni di cui si è detto prima, come foreshocks e anomalie magnetiche; secondo, gli studi condotti fino ad ora non hanno ancora portato a comprendere se e soprattutto come siano connessi terremoti e comportamenti animali.

Per quel che riguarda altri fenomeni capaci di innescare o incidere sulla frequenza di sismi, anche qui di teorie ce ne sono da vendere.

NOTTE, CALDO E UMIDO. Secondo certe dicerie, i terremoti si verificano il più delle volte di notte, e sono più frequenti se fa caldo o il clima è umido. Ebbene, due soli passi, e proprio voi potete essere i primi a smentire la teoria: primo, basta una rapida ricerca su internet sui più grandi terremoti mai avvenuti, in Italia o nel mondo, e ci si può facilmente rendere conto che non seguono alcuna logica in fatto di orario o di clima; secondo, anche se non si è esperti del settore, basta un attimo di ragionamento: ora che sapere come funzionano i terremoti, secondo voi è plausibile che la semplice alternanza luce-buio, le temperature estive o l’umidità dell’aria siano capaci di smuovere miliardi di tonnellate di roccia a più di 5km di profondità? Non sto neanche a dirvi la mia.

Budapest, Ungheria, 20 marzo 2019 (da "Il Post")
SUPERLUNA. La Luna compie un giro intorno alla Terra ogni circa 27 giorni, ma la sua orbita è ellittica, per cui esiste un punto in cui la sua distanza dalla Terra è massima (apogeo) e una in cui è minima (perigeo); una “superluna” si ha quando avviene una coincidenza fra una luna piena e una luna al perigeo, il che fa apparire il satellite fino al 14% più grande del solito.

Secondo una teoria, una superluna comporterebbe una maggiore attrazione gravitazionale, da cui la possibilità di innescare faglie il cui equilibrio sia già piuttosto delicato: due esempi sarebbero le coincidenze fra questi fenomeni e i terremoti delle Filippine del 1948 e della Nuova Zelanda del 2016. Studi molto recenti condotti dall’Università di Tokyo hanno osservato una connessione fra le fasi lunari e i sismi con magnitudo>2.5 avvenuti nel mondo negli ultimi 20 anni: una luna al perigeo, tramite gli stress di marea, potrebbe far variare sensibilmente la pressione dell’acqua sulle faglie sottomarine attive; se poi si parla di una superluna, allora a maggior ragione. L’IGN (Institut Géographique National, Francia), arrivato a conclusioni simili, ha precisato che si parla di pressioni di migliaia di volte più piccole di quelle tettoniche, e che un effetto significativo si potrebbe avere solo su faglie già prossime al punto critico, ma comunque non è da sottovalutare.

In conclusione, che la gravità lunare possa avere effetti anche sulla crosta oltre che sugli oceani è possibile, ma siamo ancora lontani dal capire il se, il come e il quanto. Senza considerare la più grande incognita: ammesso anche che sia così, come prevedere quale faglia nel mondo sarà attivata?

STORMQUAKE. Effetti simili a quelli di una superluna potrebbero generarli potenti tempeste come gli uragani. Questo è quanto emerge da uno studio recente della Florida State University, che ha analizzato dati sismici e oceanografici raccolti fra 2006 e 2019: in caso di fondali bassi vicini al bordo della piattaforma continentale, forti tempeste generano onde oceaniche capaci di trasferire molta energia al fondale, tale da innescare sismi anche di magnitudo=3.5. Il fenomeno ha già un nome, appunto “stormquake”, ma come precisato dagli stessi autori dello studio, si tratta di un fenomeno appena scoperto, su cui non si può dire ancora nulla di definitivo.

TERREMOTI IN AUMENTO. Alla luce degli eventi degli ultimi 20 anni, è opinione diffusa il fatto che i terremoti siano in aumento. In realtà, solo in Italia, l’INGV registra fra i 1700 e i 2500 sismi con magnitudo>2.5 ogni anno. Tra l’altro, a volerla dire proprio tutta, alla Terra sta accadendo quel che accade a qualsiasi pianeta dotato di geologia attiva: il calore interno, responsabile delle famose “correnti convettive”, si disperde sempre di più, il che vuol dire che l’attività tettonica di oggi è di molto inferiore a quella di appena 1 milione di anni fa, e che più in là andiamo, più diminuisce (per lo meno a livello globale). 

Se quindi oggi è diffusa questa percezione di terremoti in aumento, è solo un effetto dato dalla copertura mediatica: cosa è accaduto negli ultimi 20 anni? Tante cose, fra cui internet, i social network e apparecchi come gli smartphone. Tre fattori che hanno significato tre cose: da parte dei media, poter bombardare la gente di informazioni 24 ore su 24; da parte di chiunque di noi, poter rendere pubblica qualsiasi notizia, vera o falsa che sia, anche col solo scopo di fare soldi tramite clickbaiting; da parte di tutti gli altri, essere continuamente aggiornati in tempo reale su notizie da tutte le parti del mondo. Se 30 anni fa era grassa se si sentiva parlare di un solo terremoto nel nostro paese, oggi è grassa se non se ne sente parlare per un solo giorno, ecco perché pare che siano aumentati.

Schema fracking
FRACKING. Il fracking, o fratturazione idraulica, è una tecnica utilizzata nell’industria estrattiva nel caso di particolari giacimenti di petrolio e gas: in sostanza, viene pompata acqua ad alta pressione in profondità, la roccia che contiene gli idrocarburi viene frantumata, parte dell’acqua viene ripompata in superficie insieme al gas o petrolio estratti e così, trattando in maniera opportuna, si separano le risorse da quell’acqua.

In Italia non è una tecnica utilizzata, visto che non esistono giacimenti da renderla necessaria, ma in altri paesi come Cina, USA e Canada sì e per anni si è discusso sul fatto che possa innescare terremoti o meno. Studi condotti negli USA dalla USGS (United States Geological Survey) nel 2015 e in Cina dalla GRE (Geo-Resources and Environment) nel 2019, sembrano dimostrare che una connessione c’è: in 17 aree di 8 stati USA dove viene praticata questa tecnica, è stato rilevato un incremento nell’attività sismica a partire dal 2009; per l’Oklaoma, si parla di una frequenza di microsismi 600 volte superiore alla media storica; in Cina, i terremoti di dicembre 2018 (magnitudo=5) e gennaio 2019 (magnitudo=5.3) nel Sichuan, si sono verificati a basse profondità (2-10km, quelle a cui operano i pozzi) e proprio mentre erano in corso iniezioni di acqua in pozzi non distanti dalla faglia che si è attivata.

La fratturazione in sé per sé si pensa che sia capace di generare solo piccoli sismi, nemmeno avvertibili dall’uomo, ma le acque reflue del processo, reiniettate sottoterra, si crede che possano influire sulle dinamiche di pressione delle faglie.

La situazione sismica in Italia


Fronte dell'Appennino (da "Chevuoldireingeologia")
Detto tutto questo, per l’Italia in particolare cosa si può dire? A cosa è dovuta la sua sismicità?

Beh, in Italia, così come nel resto del Mediterraneo, sta proseguendo un processo innescato più di 30 milioni di anni fa, cioè lo scontro fra la placca europea e quella africana. Alle fasi attuali, nelle Alpi l’attività è limitata alla zona del Friuli, mentre nell’Appenino è più estesa.

La catena sta ancora migrando verso Est/Nord-Est, col risultato di una forte attività sismica fra Romagna, Marche, Abruzzo, Molise e Basilicata, meno intensa nella fascia fra Toscana e Lazio. La differenza è dovuta a questo: sul versante Est/Nord-Est la catena è in compressione, cioè come se si stesse "accartocciando", "accavallando" su sé stessa, mentre sul versante Sud-Ovest è come se quella già formata stesse cedendo, distendendosi sempre più via via che il fronte avanza. Le zone fra Toscana e Lazio sono tutte sul versante Sud-Ovest, quindi interessate solo da terremoti distensivi, mentre quelle delle altre cinque regioni si trovano un po' a cavallo fra i due versanti, quindi interessate da terremoti anche compressivi; per di più, nel caso di Abruzzo, Molise e Basilicata, il fronte vero e proprio della catena passa proprio da queste regioni

Calabria, Piana di Sibari e Stretto di Messina, invece, rappresentano le zone più attive del territorio, perché qui non c’è solo il fronte dell’Appennino, ma anche la subduzione nella zona dello Ionio: “subduzione” significa che, mentre il fronte Appenino avanza (placca europea), la crosta oceanica di fronte (placca africana) “scivola” sotto di essa, da cui i frequenti e intensi terremoti e la formazione di archi vulcanici come le Eolie.

E la situazione antisismica?


In Giappone, l’85% delle strutture pubbliche e il 95% delle scuole sono antisismiche.  Esistono rigidi criteri antisismici e pene severe per chi non li applica. Esercitazioni anche nelle scuole sono condotte periodicamente, tanto che il 1° settembre, anniversario del grande terremoto del Kanto del 1923, si svolgono esercitazioni di massa organizzate dalla Protezione Civile. Nelle strade esiste un’apposita segnaletica per indicare i luoghi di concentrazione dove recarsi in caso di pericolo, mentre messaggi automatici via tv, social network o applicazioni raggiungono i cittadini dopo le prime rilevazioni dei sismometri.

E in Italia? Più o meno uguale.

Circa 15 milioni di abitazioni residenziali (più del 50% del totale) sono state costruite prima del 1974, quando sono entrate in vigore le norme antisismiche. E quando dico “prima del 1974” intendo che ben 4 milioni sono quelle costruite prima del 1920; solo il 5% del totale è stato costruito dopo il 2001.

Nel 2004 è stata realizzata la prima mappa della pericolosità sismica, mentre nel 2005 è stata realizzata la classifica dei Comuni italiani sulla base di questa pericolosità: il 40% del territorio è in area a elevato rischio sismico, area che corrisponde al 35% dei Comuni e a circa 22 milioni di persone.

Dopo il terremoto dell’Aquila del 2009 è stato avviato il “Piano nazionale di prevenzione del rischio sismico”: interventi su edifici pubblici e privati, studi di microzonazione sismica, un fondo di 965 milioni; niente male, se non fosse che, secondo la Protezione Civile, il costo complessivo sarebbe di 93 miliardi. Nel 2014, invece, 1 milione è stato gentilmente fornito all’INGV per portare avanti un grande e potente progetto: una mappatura in 3D delle principali faglie presenti sul territorio nazionale; anche qui niente male, solo che per portarlo a termine di milioni ne servirebbero 100.

Nel frattempo, la cosa ironica è che, negli ultimi 40 anni, i danni riportati da eventi sismici ammontano a circa 160 miliardi, cioè quasi il doppio di quel che costerebbe mettere tutte le strutture a norma.

Comunque, non ci imbrogliamo: il problema non sta solo nel fatto “l’Italia è vecchia”. I danni che un sisma può produrre sugli edifici dipendono da varie cose: in seguito al terremoto in Abruzzo, paesi come Onna, che poggiano su depositi alluvionali, sono stati distrutti, mentre altri come Monticchio, a neanche 1km di distanza, non hanno subito seri danni, perché costruiti sul substrato roccioso; il terremoto di magnitudo=7.4 che colpì l’area di Izmit, Turchia, nel 1999, ha buttato giù edifici in cemento armato, ma ha lasciato in piedi costruzioni in mattoni e telaio di legno. Per dire che a fare la differenza concorrono anche altri fattori: terreni poco compatti, a parità di costruzione, amplificano gli effetti delle onde sismiche; la costruzione può anche essere in cemento armato, ma se i materiali sono scadenti e le norme antisismiche non ci sono, un edificio in mattoni, ben più leggero, è facile che regga meglio.

Conosci il tuo nemico!


E allora dove sta la soluzione? Cercare un modo per prevedere i terremoti? Assolutamente no. Tutti quei fenomeni “premonitori” di cui vi ho parlato richiederanno ancora molto tempo prima di essere compresi, un po' perché sono molto complessi, e un po', probabilmente, per mancanza di fondi, una mancanza “onesta”, data da scetticismo o perfino voluta. Ma questa è un’altra storia.

E poi, punto più importante di tutti, che non ho mai sentito sottolineare a nessuno: ma se anche un giorno si riuscisse a prevedere i terremoti, con gli edifici come la mettiamo? Li lasciamo cadere a pezzi? Sicuramente, meglio perdere un milione di edifici che una singola vita, ma io la mia casa la vorrei antisismica lo stesso, non so voi.

(da "ordinearchitettiudine.it")
La miglior soluzione sta quindi nella prevenzione e, ancora una volta, nella sensibilizzazione, cioè nella consapevolezza, che non è solo quella di conoscere la sismicità della propria zona, la sicurezza della propria abitazione e cosa fare in caso di sisma. È quella di sapere qual è il problema, in cosa consiste il fenomeno; capire che si tratta di un evento complesso, di cui molte cose si sanno e molte altre ancora no; conoscere quali sono le soluzioni e comprendere come mai rallentano nell’essere applicate.

Dite che è poco? Io non direi. A Roma, l’11 maggio 2011, il credere che i terremoti si potessero prevedere ha portato molta gente a prendersi un giorno di ferie, chiudere la propria attività e radunarsi in parchi e spiagge per sfuggire a un sisma predetto da una profezia (che poi si è rivelata falsa). 

E quando anche non c'è di mezzo la disinformazione, ci pensa un altro dei "grandi limiti e poteri dell'uomo": in fondo, qual è la scelta più comoda? Qual è la credenza più accomodante e rassicurante? Da un lato, quella secondo cui i terremoti si possono prevedere con scienza, religione o magia, che c’è qualcuno che ha da guadagnare dalle ricostruzioni e che la soluzione sta nello scovare questo qualcuno (o limitarsi al complottismo puro). Da un altro lato, quella secondo cui i terremoti sono fenomeni in buona parte sconosciuti, con cui per ora c’è da cercare di convivere; che c’è da capire in cosa consistono e darci da fare per difenderci; che il vero nemico consiste in istituzioni, mafie e grandi compagnie che si rigirano fra loro il grosso del denaro pubblico. Direi che la prima opzione è la più facile con cui convivere: di fronte all’ignoto, all’incertezza e alla complessità rappresentati dal fenomeno, dal “nemico” e dalle soluzioni, qualsiasi fake news che dia un “volto” a tutto questo prende campo come muffa con l’umido

Tutto questo per dire che la sola consapevolezza fa parecchio la differenza: la differenza fra il non avere idea di con chi e con cosa abbiamo a che fare e limitarsi a subire e basta, o il sapere su quale chiodo andare a battere per impedire che la gente continui a morire.

E dire che la verità, forse, è perfino più complottista del complottismo: secondo il dossier "Stop sussidi alle fonti fossili" realizzato da Legambiente, in Italia, in media, ogni anno ci sono 18.8 miliardi che vanno a fare da sussidi al settore Oil&Gas, proprio uno di quelli responsabili della variazione del clima. Ovviamente questo è solo uno dei tanti “pozzi” in cui vanno a finire i soldi dei contribuenti, ma tant’è: capito, adesso, come mai ricerca e prevenzione vanno così piano?


Fonti:

Nessun commento:

Posta un commento