sabato 2 novembre 2019

L'Artico, un lontano vicino di casa

Le conseguenze delle nostre azioni sul Polo Nord e l'effetto "boomerang" che ricade su di noi



Non so voi, ma io ho perso il conto delle volte in cui ho sentito dire che, a causa del cambiamento del clima, il Polo Nord si riscalda più velocemente del resto del Pianeta. Oppure, che lo scioglimento dei ghiacci comporterebbe danni incalcolabili in ogni angolo del mondo. O ancora, che i cambiamenti che avvengono nell’Artico sono fra le cause degli eventi meteo estremi che si osservano ormai un po' dappertutto.

Nel frattempo, ho anche perso il conto di quei commenti secondo cui, visti gli inverni freddissimi degli ultimi anni, “Altro che riscaldamento climatico! Qui si va nell’Era Glaciale!”, oppure ancora “Cambiamento del clima? Tutte stronzate diffuse dalle green lobby!”. Fra questi commenti, non ultimi quelli di Donald Trump che, nel dicembre 2017, si lamentava del freddo intenso e si augurava un po' di “caro vecchio riscaldamento globale” per risparmiare sulle bollette; o che, un anno dopo, dichiarava al “Washington Post” di “non credere” all’impatto umano sul clima e all’opinione diffusa dagli scienziati; come se fosse una questione di “fede” piuttosto che di “dati”.

Ma come stanno sul serio le cose? Davvero ciò che succedere oltre il 65° parallelo ha degli effetti così globali? Insomma, perché a qualcuno che vive in Florida, in Italia o in India gliene dovrebbe fregare qualcosa delle calotte polari?

L’Artico cambia sul serio più alla svelta


Ricerche come quelle condotte dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) parlano chiaro: i dati raccolti dalla Amundsen-Nobile Climate Change Tower e da un ancoraggio posto nel fiordo Kongsfjorden, entrambi nelle Isole Svalbard, hanno rilevato aumenti di temperatura di 4,3°C ogni dieci anni per l’acqua intermedia e di 1,6°C per l’acqua di fondo all’interno dei fiordi; si parla di 3°C ogni dieci anni, invece, per la temperatura dell’aria in tutto l’Artico, valore ben al di sopra della media mondiale.

Il fenomeno viene chiamato “amplificazione artica”, ed è dato da tanti fattori, alcuni locali e altri globali, alcuni più certi e altri ancora discussi; alcuni, perfino, sono causa e conseguenza allo stesso tempo. Secondo una ricerca della UAF (University of Alaska Fairbanks), che ha combinato dati climatici e biologici raccolti fra il 1971 e il 2017, i fattori chiave sarebbero 9: temperatura dell’aria, permafrost, idroclimatologia, copertura nevosa, ghiaccio marino, ghiaccio terrestre, incendi boschivi, tundra e ecosistemi terrestri e ciclo del carbonio.

Ancora discussa è l’influenza della copertura nuvolosa ma, stando anche ad altre ricerche, i fattori più incidenti fra tutti sarebbero questi:

1) Più vapore acqueo in atmosfera
Più gas serra in atmosfera significa aumento della temperatura, da cui una maggior evaporazione e evapotraspirazione, da cui più vapore acqueo in atmosfera. L’intrusione di aria calda verso le alte latitudini (di cui parlerò dopo) porta con sé questo vapore acqueo, il quale contribuisce ad aumentare la temperatura, perché anche questo agisce da gas serra, seppur meno efficace di CO2 o metano.

2) Diminuzione del ghiaccio marino
Temperature più alte significano sempre più ghiaccio che si scioglie. Che questo si sciolga stagionalmente è normale, ma quel che conta è che ci sia equilibrio fra quello che si scioglie e quello che si ricrea, equilibrio che però non c’è più da un pezzo: fra il 1980 e il 2018 il tasso di fusione è sestuplicato, si è passati da 7,05 milioni di km2 di ghiacci nel settembre 1979 a 4,71 milioni nel settembre 2018; solo il 1° agosto 2019 si sono sciolti 11 milioni di tonnellate di ghiaccio.
E il motivo è semplice: ghiaccio e acqua hanno un diverso albedo, cioè capacità di riflettere e assorbire luce; il ghiaccio ne riflette l’80%, l’acqua il 7%. Se si scioglie più ghiaccio di quanto se ne riforma, ci sono più acque libere, quindi più calore assorbito e più calore trasferito all’atmosfera; nonché più ghiaccio ancora che si scioglie.

3) Trasporto di calore alle alte latitudini
L’indebolimento delle correnti a getto fa sì che l’aria calda delle latitudini equatoriali penetri fino alle alte latitudini, portando con sé anche il vapore acqueo di cui ho detto prima. Questo è uno dei fattori che fa da causa e conseguenza allo stesso tempo, ne parlerò meglio tra qualche riga.

E tutto questo a quali conseguenze porta?


E qui la cosa si fa interessante. Perché di conseguenze ce ne sono parecchie, e praticamente non ce n’è nemmeno una che non abbia degli effetti sul resto del mondo. Anche in Italia. Anche a casa vostra.

1. Popolazioni indigene e altre specie


Fino a qui mi pare che sia ovvio: se cambia il clima e l’habitat, le specie che ci vivono ne risentono. Si fa un gran parlare dell’orso polare, ma quello è solo la vetta della catena alimentare: alla base c’è il fitoplancton, alghe microscopiche che vivono nell’oceano assorbendo luce e CO2 e emettendo O2; di loro si nutre lo zooplancton, e di questo pesci e uccelli, per poi passare a foche, balene e orsi. Una specie di questi fitoplancton vive sul ghiaccio marino piuttosto che nell’acqua, e per questo, quando non c’è abbastanza luce perché possa crescere il fitoplancton, questa specie rappresenta l’unica fonte di cibo per il resto della catena alimentare; senza contare che, grazie a questi “esserini”, il Mar Glaciale Artico contribuisce per il 14% all’assorbimento del carbonio dell’oceano globale. Si capisce, allora, che se il ghiaccio marino subisce variazioni, ne subiscono anche questi organismi, quindi anche il clima, e quindi il resto della catena alimentare, da cui danni per l’attività di pesca.

Messo insieme tutto questo con il ritiro dei ghiacci, il cambio del clima, le mutazioni dell’habitat e l’intrusione delle multinazionali dell’Oil&Gas, ecco poi che ne vengono danneggiate anche le popolazioni locali. Mi rendo conto che per il viziato, patriottico e insofferente italiano medio è già inconcepibile che qualcuno possa vivere in un posto come l’Alto Adige, ma vi garantisco che al Circolo Polare vivono un sacco di fantastiche etnie e culture, come Inuit, Yupik, Aleuti, Jakuti, Kami, Nency, Tungusi e Sami. Un totale di circa 1 milione di persone, che vivono da sempre di caccia, pesca, raccolta e allevamento di specie del posto. 

A volte mi è capitato di sentir dire: “Ma chi glielo fa fare di vivere in un posto del genere? Non è meglio se vengono via?”. Ma certo! E che ci vuole? Basta solo abbandonare la propria casa e la propria terra, salutare forse per sempre tutta la gente che si conosce, integrarsi in una nuova lingua e società che non si è mai visto nemmeno col binocolo, e adottare uno stile di vita fatto di traffico e cemento piuttosto che di aurora boreale e animali selvatici; e tutto questo senza nemmeno che sia colpa nostra. Appunto, che ci vuole? Facile, facile. Proprio come dire questa stronzata.

2. Fusione del permafrost


Il permafrost è il suolo congelato che si trova tipicamente alle latitudini polari, dove può raggiungere spessori anche di 1500m. Ovviamente non è del tutto congelato, in parte è fatto delle stesse componenti che si trovano anche nei nostri suoli, come la materia organica. E il punto sta proprio qui: come nel caso dei ghiacciai, anche il ghiaccio del permafrost non è lì dall’altro ieri, ma dall’ultima Epoca Glaciale conclusa circa 10.000 anni fa; questo ghiaccio, in tutti questi millenni, ha fatto un po' da “frigorifero” per tutta quella materia organica, impedendo che si decomponesse.

Per via del riscaldamento globale e dell’amplificazione artica, però, questo ghiaccio si sta sciogliendo, il che significa che la materia organica viene esposta all’aria e si decompone, rilasciando in atmosfera CO2, metano (gas serra 25 volte più efficace di CO2) e N2O (200 volte più efficace di CO2). Tutti gas che incrementano sia l’effetto serra che l’amplificazione artica.

Prima o poi si sarebbe sciolto comunque, no?”, chiederà qualcuno. Forse sì, o forse no, ma il punto è un altro: primo, se anche si stima che il contenuto di carbonio nel permafrost sia più del doppio di quello che c’era in atmosfera prima della rivoluzione industriale, preso da solo non sarebbe un problema eccessivo, ma sommato agli altri gas che abbiamo già emesso noi farebbe un po' da “pioggia sul bagnato”; secondo, se fino a qualche anno fa fondeva di pochi centimetri all’anno, oggi, grazie a noi, fa registrare anche dei balzi di 3m in pochi giorni.

3. Aumenta il livello del mare


Se le temperature dovessero salire fino al punto di far sciogliere del tutto i ghiacci artici, di certo accadrebbe lo stesso, anche se in tempi diversi, per quelli antartici, e allora solo questi farebbero aumentare il livello del mare da 8 a 41cm da qui al 2100. Se poi ci si aggiunge il contributo di ghiacciai montani (15cm), dell’espansione delle acque oceaniche data dal riscaldamento (25cm) e di acque di laghi e fiumi “ingrossate” (4cm), si può arrivare a 60-90cm.

Con quali effetti? Beh, fate conto che il 60% della popolazione si trova concentrato sulle zone costiere, o comunque entro 100km dalla costa. Grandi centri abitati sarebbero del tutto o parzialmente sommersi, come Miami, New York, Shanghai, Bangkok, Mumbai, Londra, Amsterdam, Alessandria d’Egitto, così come tante comunità insulari (vedi simulazione video realizzata da "Business Insider").

Per quanto riguarda l’Italia in particolare, buone notizie per gli abitanti di Milano: potrebbero avere il mare letteralmente a due passi da casa, visto che la Pianura Padana sarebbe sommersa.

4. Rallenta la Corrente del Golfo


La Corrente del Golfo fa parte della Circolazione Termoalina, il grande sistema di correnti oceaniche che si snoda lungo tutto il pianeta. La Corrente del Golfo in particolare porta acqua calda e salata dal Golfo del Messico verso il Nord Atlantico, dove rilascia calore all’atmosfera e mitiga il clima dell’Europa occidentale; l’acqua più fredda del Polo, invece, più fredda e dolce, affonda e viene portata fino in Antartide.

Il suo effetto sul clima è incredibile, e per questo basti pensare alla differenza che c’è fra la città di Londra e la penisola del Labrador in Canada: d’inverno, pur essendo alla stessa latitudine, nella prima le nevicate sono occasionali, nella seconda si arriva anche a temperature di -40°C.

Ora, il fatto è che correnti oceaniche come quella del Golfo esistono grazie alla differenza di temperatura e salinità delle acque. Ma che cosa abbiamo detto? Uno, che un’atmosfera più calda significa acque più calde; due, che sempre più ghiacci si sciolgono e che più umidità in atmosfera significa più precipitazioni, quindi più acqua dolce negli oceani, da cui acque meno salate. Tutto ciò fa rallentare la Corrente, il che porta a inverni più rigidi nell’Europa occidentale e a cambiamenti anche nel resto della Termoalina.

5. Eventi meteo estremi


Avete presente le estati insopportabili che si sono viste negli ultimi anni e le famose “ondate di calore anomalo” in autunno o inverno? E avete presente quegli inverni freddissimi portati dal famigerato “Burian” o le “ondate di freddo anomalo” come quelle del maggio 2019? Ma soprattutto: avete presente i danni che hanno fatto? Secondo le stime di "Coldiretti", gli sbalzi termici anomali degli ultimi dieci anni sono costati circa € 14 miliardi all'agricoltura europea. Ecco, l’amplificazione artica è una delle maggiori cause di tutto questo. 

A cose normali, al Polo Nord, esiste un vortice di venti detto “vortice polare”, correnti di aria fredda a 20-50km di quota che viaggiano da ovest a est anche con picchi di 300km/h. Sempre a cose normali, poco al di sopra delle medie latitudini, a 10km di quota, ci sono delle correnti dette “correnti a getto”, cioè correnti di aria che soffiano da ovest a est (nell’emisfero nord) con record di velocità di 500km/h; queste correnti sono alimentate dalla differenza di temperatura fra l’Artico e i tropici, controllano i principali sistemi meteorologici e fanno sì che cose come il vortice polare o l’anticiclone africano se ne stiano dove devono stare, alle loro latitudini di origine.

Il problema, però, è che a causa del riscaldamento generale e a causa dell’amplificazione artica, queste correnti si indeboliscono, assumendo contorni sempre più tortuosi. Il risultato di questo sono intrusioni di aria gelida o calda a latitudini più basse o più alte del normale, e anche il fatto che queste intrusioni stazionano per lunghi periodi (ecco perché, come ho detto qualche riga più in su, questo fenomeno è causa e conseguenza dell’amplificazione artica al tempo stesso).

E chi più ne ha, più ne metta…anche di soluzioni


Ovviamente questo articolo non pretende di essere esauriente al 100%. L’amplificazione artica non è certo l’unica e sola causa di questi effetti, e anche questa, a sua volta, ha delle cause che stanno più a monte, come il cambiamento del clima e la mano dell’uomo. Quanto alle conseguenze, poi, ce ne sono così tante altre che se ne potrebbe scrivere altrettanto. Ma di tutto questo, magari, parlerò nei prossimi “episodi”.

Quel che spero di aver fatto capire è che la nostra Terra è un sistema grande, complesso e interconnesso, in cui anche qualcosa che succede qui si ripercuote a 5.000km di distanza e poi ritorna in qua. Lo scopo di questo post non è quello di fare il solito allarmismo gratuito, di quello utilizzato anche dai principali media solo per fare audience e visualizzazioni. Lo scopo è far capire come e perché ciò che facciamo tutti quanti, oggi e domani, nel quotidiano, si riflette anche in un luogo distante come l’Artico; far capire che poi, il cambiamento che si generà laggiù, rimbalza di nuovo su di noi; far capire che delle conseguenze le stiamo già subendo e che altre ne potremmo subire se non campiamo perché ci riguarda, come ci riguarda e che cosa possiamo fare per impedire gli effetti presenti e futuri.

E infatti, che cosa possiamo fare? Vi sembrano eventi troppo grandi, distanti e imprevedibili perché noi si possa fare qualcosa per impedirli? Niente di più falso. Bastano tre passi: con il primo, si sa che esistono, come funzionano a grandi linee e da cosa dipendono; col secondo, facciamo sapere queste cose anche ad altre persone; e con il terzo, facciamo incetta di tutto ciò che passa sotto il nome di “soluzioni green” e applichiamolo, senza tanto impegno, perché non ne richiede quasi nessuno.

Pensateci la prossima volta che spegnete un interruttore superfluo in casa: un semplice “click”, e le correnti a getto sono nelle vostre mani

Fonti:

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