Le conseguenze delle nostre azioni sul Polo Nord e l'effetto "boomerang" che ricade su di noi
Non so voi, ma io ho perso il
conto delle volte in cui ho sentito dire che, a causa del cambiamento del
clima, il Polo Nord si riscalda più velocemente del resto del
Pianeta. Oppure, che lo scioglimento dei ghiacci comporterebbe danni
incalcolabili in ogni angolo del mondo. O ancora, che i cambiamenti che
avvengono nell’Artico sono fra le cause degli eventi meteo estremi
che si osservano ormai un po' dappertutto.
Nel frattempo, ho anche perso il
conto di quei commenti secondo cui, visti gli inverni freddissimi
degli ultimi anni, “Altro che riscaldamento climatico! Qui si va nell’Era
Glaciale!”, oppure ancora “Cambiamento del clima? Tutte stronzate diffuse dalle
green lobby!”. Fra questi commenti, non ultimi quelli di Donald
Trump che, nel dicembre 2017, si lamentava del freddo intenso e si
augurava un po' di “caro vecchio riscaldamento globale” per risparmiare sulle
bollette; o che, un anno dopo, dichiarava al “Washington Post” di “non credere”
all’impatto umano sul clima e all’opinione diffusa dagli scienziati; come se
fosse una questione di “fede” piuttosto che di “dati”.
Ma come stanno sul serio le
cose? Davvero ciò che succedere oltre il 65° parallelo ha degli effetti
così globali? Insomma, perché a qualcuno che vive in Florida, in Italia o in
India gliene dovrebbe fregare qualcosa delle calotte polari?
L’Artico cambia sul serio più alla svelta
Ricerche come quelle condotte dal
CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) parlano chiaro: i dati
raccolti dalla Amundsen-Nobile Climate Change Tower e da un ancoraggio posto
nel fiordo Kongsfjorden, entrambi nelle Isole Svalbard, hanno
rilevato aumenti di temperatura di 4,3°C ogni dieci anni per l’acqua intermedia
e di 1,6°C per l’acqua di fondo all’interno dei fiordi; si parla di 3°C
ogni dieci anni, invece, per la temperatura dell’aria in tutto
l’Artico, valore ben al di sopra della media mondiale.
Il fenomeno viene chiamato “amplificazione
artica”, ed è dato da tanti fattori, alcuni locali e
altri globali, alcuni più certi e altri ancora discussi; alcuni, perfino, sono
causa e conseguenza allo stesso tempo. Secondo una ricerca della UAF
(University of Alaska Fairbanks), che ha combinato dati climatici e biologici
raccolti fra il 1971 e il 2017, i fattori chiave sarebbero 9: temperatura
dell’aria, permafrost, idroclimatologia, copertura nevosa, ghiaccio marino,
ghiaccio terrestre, incendi boschivi, tundra e ecosistemi terrestri e ciclo del
carbonio.
Ancora discussa è l’influenza
della copertura nuvolosa ma, stando anche ad altre ricerche, i fattori
più incidenti fra tutti sarebbero questi:
1) Più vapore acqueo in
atmosfera
Più gas serra in atmosfera
significa aumento della temperatura, da cui una maggior
evaporazione e evapotraspirazione, da cui più vapore acqueo
in atmosfera. L’intrusione di aria calda verso le alte latitudini (di cui
parlerò dopo) porta con sé questo vapore acqueo, il quale contribuisce ad aumentare la temperatura, perché anche questo agisce da gas serra,
seppur meno efficace di CO2 o metano.
2) Diminuzione del ghiaccio
marino
Temperature più alte significano
sempre più ghiaccio che si scioglie. Che questo si sciolga stagionalmente è
normale, ma quel che conta è che ci sia equilibrio fra quello che si scioglie e
quello che si ricrea, equilibrio che però non c’è più da un pezzo: fra il 1980
e il 2018 il tasso di fusione è sestuplicato, si è passati da 7,05 milioni di
km2 di ghiacci nel settembre 1979 a 4,71 milioni nel settembre
2018; solo il 1° agosto 2019 si sono sciolti 11
milioni di tonnellate di ghiaccio.
E il motivo è semplice: ghiaccio
e acqua hanno un diverso albedo, cioè capacità di riflettere e
assorbire luce; il ghiaccio ne riflette l’80%, l’acqua il 7%. Se si scioglie
più ghiaccio di quanto se ne riforma, ci sono più acque libere, quindi più
calore assorbito e più calore trasferito all’atmosfera; nonché più ghiaccio
ancora che si scioglie.
3) Trasporto di calore alle
alte latitudini
L’indebolimento delle correnti
a getto fa sì che l’aria calda delle latitudini
equatoriali penetri fino alle alte latitudini, portando con sé
anche il vapore acqueo di cui ho detto prima. Questo è uno dei fattori che fa
da causa e conseguenza allo stesso tempo, ne parlerò meglio tra qualche riga.
E tutto questo a quali conseguenze porta?
E qui la cosa si fa interessante.
Perché di conseguenze ce ne sono parecchie, e praticamente non ce n’è nemmeno
una che non abbia degli effetti sul resto del mondo. Anche in Italia. Anche a
casa vostra.
1. Popolazioni indigene e altre specie
Fino a qui mi pare che sia ovvio:
se cambia il clima e l’habitat, le specie che ci vivono ne risentono. Si fa un
gran parlare dell’orso polare, ma quello è solo la vetta della catena
alimentare: alla base c’è il fitoplancton, alghe microscopiche
che vivono nell’oceano assorbendo luce e CO2 e emettendo O2;
di loro si nutre lo zooplancton, e di questo pesci e uccelli, per poi passare a
foche, balene e orsi. Una specie di questi fitoplancton vive sul
ghiaccio marino piuttosto che nell’acqua, e per questo, quando non c’è
abbastanza luce perché possa crescere il fitoplancton, questa specie
rappresenta l’unica fonte di cibo per il resto della catena
alimentare; senza contare che, grazie a questi “esserini”, il Mar Glaciale
Artico contribuisce per il 14% all’assorbimento del carbonio
dell’oceano globale. Si capisce, allora, che se il ghiaccio marino subisce
variazioni, ne subiscono anche questi organismi, quindi anche il clima, e
quindi il resto della catena alimentare, da cui danni per l’attività di pesca.
Messo insieme tutto questo con il
ritiro dei ghiacci, il cambio del clima, le mutazioni dell’habitat e l’intrusione
delle multinazionali dell’Oil&Gas, ecco poi che ne vengono danneggiate
anche le popolazioni locali. Mi rendo conto che per il viziato,
patriottico e insofferente italiano medio è già inconcepibile che qualcuno
possa vivere in un posto come l’Alto Adige, ma vi garantisco che al Circolo
Polare vivono un sacco di fantastiche etnie e culture, come Inuit, Yupik,
Aleuti, Jakuti, Kami, Nency, Tungusi e Sami. Un totale di circa 1
milione di persone, che vivono da sempre di caccia, pesca, raccolta e
allevamento di specie del posto.
A volte mi è capitato di sentir dire: “Ma chi
glielo fa fare di vivere in un posto del genere? Non è meglio se vengono via?”.
Ma certo! E che ci vuole? Basta solo abbandonare la propria casa e la propria
terra, salutare forse per sempre tutta la gente che si conosce, integrarsi in
una nuova lingua e società che non si è mai visto nemmeno col binocolo, e
adottare uno stile di vita fatto di traffico e cemento piuttosto che di aurora
boreale e animali selvatici; e tutto questo senza nemmeno che sia colpa nostra.
Appunto, che ci vuole? Facile, facile. Proprio come dire questa stronzata.
2. Fusione del permafrost
Il permafrost è il suolo
congelato che si trova tipicamente alle latitudini polari,
dove può raggiungere spessori anche di 1500m. Ovviamente non è del tutto
congelato, in parte è fatto delle stesse componenti che si
trovano anche nei nostri suoli, come la materia organica.
E il punto sta proprio qui: come nel caso dei ghiacciai, anche il ghiaccio del
permafrost non è lì dall’altro ieri, ma dall’ultima Epoca Glaciale conclusa circa
10.000 anni fa; questo ghiaccio, in tutti questi millenni, ha
fatto un po' da “frigorifero” per tutta quella materia
organica, impedendo che si decomponesse.
Per via del riscaldamento globale
e dell’amplificazione artica, però, questo ghiaccio si sta sciogliendo, il che
significa che la materia organica viene esposta all’aria e si decompone,
rilasciando in atmosfera CO2, metano
(gas serra 25 volte più efficace di CO2) e N2O
(200 volte più efficace di CO2). Tutti gas che incrementano sia
l’effetto serra che l’amplificazione artica.
“Prima o poi si sarebbe sciolto
comunque, no?”, chiederà qualcuno. Forse sì, o forse no, ma il punto è un
altro: primo, se anche si stima che il contenuto di carbonio nel permafrost sia
più del doppio di quello che c’era in atmosfera prima della rivoluzione
industriale, preso da solo non sarebbe un problema eccessivo, ma sommato agli
altri gas che abbiamo già emesso noi farebbe un po' da “pioggia sul
bagnato”; secondo, se fino a qualche anno fa fondeva di pochi
centimetri all’anno, oggi, grazie a noi, fa registrare anche dei balzi di
3m in pochi giorni.
3. Aumenta il livello del mare
Se le temperature dovessero
salire fino al punto di far sciogliere del tutto i ghiacci artici,
di certo accadrebbe lo stesso, anche se in tempi diversi, per quelli antartici,
e allora solo questi farebbero aumentare il livello del mare da 8 a 41cm da qui
al 2100. Se poi ci si aggiunge il contributo di ghiacciai montani
(15cm), dell’espansione delle acque oceaniche data dal
riscaldamento (25cm) e di acque di laghi e fiumi “ingrossate”
(4cm), si può arrivare a 60-90cm.
Con quali effetti? Beh, fate
conto che il 60% della popolazione si trova concentrato sulle
zone costiere, o comunque entro 100km dalla costa. Grandi centri
abitati sarebbero del tutto o parzialmente sommersi, come Miami, New
York, Shanghai, Bangkok, Mumbai, Londra, Amsterdam, Alessandria d’Egitto, così
come tante comunità insulari (vedi simulazione video realizzata da "Business Insider").
Per quanto riguarda l’Italia
in particolare, buone notizie per gli abitanti di Milano:
potrebbero avere il mare letteralmente a due passi da casa, visto che la Pianura
Padana sarebbe sommersa.
4. Rallenta la Corrente del Golfo
La Corrente del Golfo
fa parte della Circolazione Termoalina, il grande sistema di correnti oceaniche
che si snoda lungo tutto il pianeta. La Corrente del Golfo in particolare porta
acqua calda e salata dal Golfo del Messico verso il Nord Atlantico, dove
rilascia calore all’atmosfera e mitiga il clima dell’Europa occidentale;
l’acqua più fredda del Polo, invece, più fredda e dolce, affonda e viene
portata fino in Antartide.
Il suo effetto sul clima
è incredibile, e per questo basti pensare alla differenza che c’è fra la città
di Londra e la penisola del Labrador in Canada:
d’inverno, pur essendo alla stessa latitudine, nella prima le nevicate sono
occasionali, nella seconda si arriva anche a temperature di -40°C.
Ora, il fatto è che correnti
oceaniche come quella del Golfo esistono grazie alla differenza di temperatura
e salinità delle acque. Ma che cosa abbiamo detto? Uno, che un’atmosfera più
calda significa acque più calde; due, che sempre più ghiacci si
sciolgono e che più umidità in atmosfera significa più precipitazioni, quindi
più acqua dolce negli oceani, da cui acque meno salate. Tutto ciò
fa rallentare la Corrente, il che porta a inverni più rigidi nell’Europa occidentale e a cambiamenti anche nel resto della Termoalina.
5. Eventi meteo estremi
Avete presente le estati
insopportabili che si sono viste negli ultimi anni e le famose “ondate
di calore anomalo” in autunno o inverno? E avete presente quegli
inverni freddissimi portati dal famigerato “Burian” o le “ondate
di freddo anomalo” come quelle del maggio 2019? Ma soprattutto: avete
presente i danni che hanno fatto? Secondo le stime di "Coldiretti", gli sbalzi termici anomali degli ultimi dieci anni sono costati circa € 14 miliardi all'agricoltura europea. Ecco, l’amplificazione artica è
una delle maggiori cause di tutto questo.
A cose normali, al Polo Nord,
esiste un vortice di venti detto “vortice polare”, correnti di
aria fredda a 20-50km di quota che viaggiano da ovest a est anche con picchi di
300km/h. Sempre a cose normali, poco al di sopra delle medie latitudini, a 10km
di quota, ci sono delle correnti dette “correnti a getto”, cioè
correnti di aria che soffiano da ovest a est (nell’emisfero nord) con record di
velocità di 500km/h; queste correnti sono alimentate dalla differenza di
temperatura fra l’Artico e i tropici, controllano i principali sistemi
meteorologici e fanno sì che cose come il vortice polare o l’anticiclone
africano se ne stiano dove devono stare, alle loro latitudini di origine.
Il problema, però, è che a causa
del riscaldamento generale e a causa dell’amplificazione artica, queste correnti
si indeboliscono, assumendo contorni sempre più tortuosi. Il risultato
di questo sono intrusioni di aria gelida o calda a latitudini più
basse o più alte del normale, e anche il fatto che queste intrusioni stazionano
per lunghi periodi (ecco perché, come ho detto qualche riga più in su,
questo fenomeno è causa e conseguenza dell’amplificazione artica al tempo
stesso).
E chi più ne ha, più ne metta…anche di soluzioni
Ovviamente questo articolo non
pretende di essere esauriente al 100%. L’amplificazione artica non
è certo l’unica e sola causa di questi effetti, e anche questa, a
sua volta, ha delle cause che stanno più a monte, come il
cambiamento del clima e la mano dell’uomo. Quanto alle conseguenze, poi, ce ne
sono così tante altre che se ne potrebbe scrivere altrettanto. Ma di tutto
questo, magari, parlerò nei prossimi “episodi”.
Quel che spero di aver fatto
capire è che la nostra Terra è un sistema grande,
complesso e interconnesso, in cui anche qualcosa che succede qui
si ripercuote a 5.000km di distanza e poi ritorna in qua. Lo scopo di questo
post non è quello di fare il solito allarmismo gratuito, di quello utilizzato
anche dai principali media solo per fare audience e visualizzazioni. Lo scopo è
far capire come e perché ciò che facciamo tutti quanti, oggi e domani, nel
quotidiano, si riflette anche in un luogo distante come l’Artico; far capire
che poi, il cambiamento che si generà laggiù, rimbalza di nuovo su di noi; far
capire che delle conseguenze le stiamo già subendo e che altre ne potremmo
subire se non campiamo perché ci riguarda, come ci riguarda e che cosa possiamo
fare per impedire gli effetti presenti e futuri.
E infatti, che cosa possiamo
fare? Vi sembrano eventi troppo grandi, distanti e imprevedibili perché noi si
possa fare qualcosa per impedirli? Niente di più falso. Bastano tre passi:
con il primo, si sa che esistono, come funzionano a grandi linee
e da cosa dipendono; col secondo, facciamo sapere queste cose
anche ad altre persone; e con il terzo, facciamo incetta di tutto
ciò che passa sotto il nome di “soluzioni green” e applichiamolo, senza tanto
impegno, perché non ne richiede quasi nessuno.
Pensateci la prossima volta che
spegnete un interruttore superfluo in casa: un semplice “click”, e le
correnti a getto sono nelle vostre mani.
Articoli correlati
Fonti:
- "National Geographic" - settembre 2019
- "National Geographic" - Forse sovrastimato l'innalzamento del livello dei mari
- "National Geographic" - Perché il riscaldamento globale può provocare ondate di gelo?
- "CNR" - L'Artico si riscalda più del resto del pianeta
- "CNR" - I popoli dell'Artico
- "Ansa" - Inverni molto freddi, 'scagionato' lo scioglimento dei ghiacci artici
- "Ansa" - Così l'Artico può rendere l'inverno più freddo
- "INGV" - L’Artico e il riscaldamento globale
- "La Nuova Ecologia" - Più alghe nell’Artico, ecostemi marini a rischio
- "Rinnovabili.it" - Il riscaldamento dell’Artico causa condizioni climatiche estreme nelle zone temperate
- "Rinnovabili.it" - Artico: indicatori climatici e biologici segnano l’inizio di una nuova era
- "Rinnovabili.it" - Lo scioglimento del permafrost artico causa enormi emissioni di ossido di diazoto
- "Villaggio globale" - Clima, al Polo Nord meno ghiaccio meno alghe
- "Meteogiornale" - Rallenta la Corrente del Golfo, meteo d'Europa a rischio gelo e caldo estremi
- "Skepticalscience" - What causes Arctic amplification?
- "Focus" - Cambiamento climatico: perché preoccuparsi dei ghiacci?
- "Focus" - Se c'è il riscaldamento globale, perché fa freddo?
- "La Stampa" - È ora, stop ai pesticidi!



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